Regia di Carl Theodor Dreyer vedi scheda film
Assai evidente l'influenza di Intolerance (soprendente, Ghezzi ha proposto i film nella stessa notte, accostamenti così perspicui denotano l'incipiente senescenza del nostro!) sia nel montaggio parallelo che nell'idea della quadripartizione del materiale narrativo percorso da un tema dominante-sebbene il film di Griffith veda svolgersi gli episodi in sovrapposizione reciproca e non in successione.
Dal punto di vista figurativo va ammirata la cura nella composizione pittorica delle inquadrature.
Nel film sono già presenti le tematiche fondamentali del cinema successivo del Maestro Danese: L'Inquisizione e la stregoneria, la fede e la sofferenza, ma soprattutto, ed è forse il punto di maggior interesse, la rappresentazione dell'ambiguità del male e del bene offerta da personaggi a tutto tondo.
Dreyer, servendosi delle capacità espressive dell’angolazione, tenta di estrapolare direttamente dal volto di Satana (un Helge Nissen dagli occhi autenticamente spiritati) la sua perplessità: questi opera sì in modo turpe, invitando alla delazione, al vile tradimento, eppure è palpabile la sensazione che possa essere egli stesso uno strumento manovrato dalla volontà di Dio, la cui voce impetuosa continua ad obbligarlo alla nequizia.
Analogamente la camera rivela l’affannosa ricerca della giusta via per i delatori, i quali si piegheranno infine ad una forza inoppugnabile. Poi erano le 3 e 30 di una notte Ghezziana, ed il sonno mi colse, ed altro non seppi…
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