Regia di Ritwik Ghatak vedi scheda film
Penso si possa definire un capolavoro, e in ogni caso è un film che colpisce profondamente. E' una storia profondamente umana, come umano è il punto di vista del regista, il cui scopo è mostrare la disumanità di certe usanze tradizionali indiane. Su tutte la rigida divisione della società in caste, i membri della più bassa delle quali (i paria) sono considerati praticamente animali. Soprattutto i rapporti di individui delle classi superiori con i questi ultimi vengono giudicati infamanti e assolutamente inaccettabili. Poi le donne che devono subire matrimoni di comodo imposti dai familiari... E' ovvio che una società del genere non può produrre che lacrime e anche morte, quando i veri valori umani (amore, amicizia) non si rassegnino a prostrarsi all'idolo delle usanze sociali. Sarà proprio il male necessario che ne nasce ad aprire gli occhi di chi non aveva voluto vedere, di chi non le aveva riconosciute come inutili e disumane catene. Particolarmente brava ed espressiva la bella protagonista, laconico e incisivo suo fratello. Il regista sa far trasparire i sentimenti dei personaggi con le mezze espressioni del loro volto e con le parole non dette soffocate in gola, e sa rendere il senso di un momento abozzando solamente la scena. Il fiume del titolo - più spesso inaridito che gonfio di acque - fa da sfondo a questa triste ma non cinica vicenda (a ciò basti la presa di coscienza finale). Le scene coi bambini hanno qualcosa di delicato e commovente che oggi non si vede più al cinema, vuoi per incapacità dei registi, vuoi per i bambini moderni, viziati e saccenti. Vale decisamente la pena rinunciare ai pregiudizi (un film indiano del '64, bianco e nero poi...) e guardarsi questa gemma della creazione artistica, prova di come l'uomo sia capace di cose belle e nobili (se lo vuole).
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