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The Grudge

Regia di Takashi Shimizu vedi scheda film

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La recensione su The Grudge

di arkin
4 stelle

C'è un irrispettoso fantasma tra di noi, che fa telefonate anonime in cui comincia ad emettere versacci stile vomito, vi prende la nuca sotto la doccia, e vi gira per casa spazzolandovi il pavimento coi capelli...
L'insulso remake del giapponese The Grudge non solo non spaventa, ma mortifica i terribili spettri del lavoro originale, che almeno un po' di strizza la mettevano sul serio(specie il tremendo finale), e che potevano trovare una loro "illogica logicità" nella trama frammentaria, irrazionale e mai spiegata, diventando persino più mostruosi ed inquietanti. 
Come in "The ring", che però aveva una sceneggiatura più solida e riusciva almeno a suscitare qualche sobbalzo(ma del tutto imparagonabile al terrore puro evocato da "The ringu", specie nella realizzazione della terribile Sadako), l'occidentalizzazione di un'opera orientale, con un adattamento a schemi di scrittura tipici del canone adottato per il cinema da largo pubblico, risulta non solo difficile, ma de­leterio: il fascino dei mostri di opere come The grudge, il citato Ringu, The eye, o Two sisters(altra cosa Dark Water, con una bella resa americana molto psicanalitica), risiede proprio nella particolarità delle sceneggiature dei film horror orientali, dove il tempo è scardinato, e i personaggi si succedono con illogica discontinuità: passato connesso al presente, salti temporali audaci, protagonisti che spariscono per lasciar posto ad altri protagonisti, fantasmi misteriosi(spesso mezzi demoni) dall'origine non del tutto spiegata...un altro modo di concepire la trama. Un'altra atmosfera. In cui persino insensatezze come quella di non rivelare la motivazione finale di una creatura/fantasma, o cambiare tempo migliaia di volte facendo girare la testa allo spettatore sono cose accettabili. Persino affascinanti. 
Il remake di Shimizu, per quanto il regista sia lo stesso dell'originale. non fa eccezione: l'americanizzazione del soggetto, già esile e incoerente in partenza, perde tutto il mistero dell'ambientazione del primo, i fantasmi ottenuti con effetti digitali si trasformano in creature informi e quasi comiche, le nuove star a disposizione di Shimizu si perdono in in un gioco di insensatezza senza confini, dove il tentativo di dare una logica agli eventi peggiora solo le cose. 
La Gellar non potrebbe fare di meglio(ma chi potrebbe?) e il personaggio di Jason Behr- che avrebbe potuto regalarci l'unico momento drammatico dell'opera(nel finale), risulta troppo abbozzato per ispirare empatia. 

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