Regia di Steven Soderbergh vedi scheda film
Vagonate di dollari per produrlo (110 milioni dice imdb.com) molte più vagonate di dollari di incasso. Ma nella confezione lussuosa c'è ben poco.
La sigla fa ben sperare: una famosa canzone di Ornella Vanoni è un tocco originale per un film americano, Ma è una breve illusione. Se il primo episodio era superficiale e semplice, ma intratteneva discretamente, questo qui cola a picco, tra velleità autoriali e divi che si comportano con sufficienza, consci che tanto, per acchiappare il pubblico, basta la loro mera presenza.
Steven Soderbergh con solo qualche filmetto non male è riuscito a farsi un nome di autore (ma come?) e crede di esserlo. Sarà forse per questo che fa un ricorso insistente al salto temporale, facendo perdere il filo al povero spettatore, anche se è abituato come me a guardare con attenzione. L'azione al tempo presente è praticamente nulla (se non qualche scena di schermaglie amorose), mentre le parti che sarebbero le più succose, e su cui campava il precedente episodio, cioè i colpi, sono relegate a stringati ed ellittici flashback. Sicché la trama, più che seguita, va dedotta e ricostruita dallo spettatore. Oh, questo è un vero marchio d'autore!
Privato della narrazione dettagliata dei colpi, il pubblico rimane praticamente a bocca asciutta. Vedere Clooney e la Roberts, o Willis e Damon, senza aggiunte di contenuto, è un po' poco. Tra l'altro, la Roberts è un po' smunta e palliduccia, proprio non attraente; avrebbe dovuto approfittare del soggiorno a Roma per farsi qualche carbonara o amatriciana.
A chiudere questo pasto deludente, da cui ci alziamo con la fame, c'è Vincent Cassel che fa il contorsionista tra i laser del sistema d'allarme. Anche questo è poco, e snobistico, come tutti il resto.
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