Regia di Nino Pagot, Toni Pagot vedi scheda film
Tre fratellini, figli di un capitano giramondo e alcolizzato, naufragano e vengono ripescati su un isolotto e affidati alla zia Cloe. A scuola fanno solo danni, finché un giorno li rapisce il diavolo in persona per trascinarli all'inferno. Da qui i tre discoli presto scappano, per ripartire alla volta di nuove turbolente disavventure.
Qual è stato il primo lungometraggio a colori di animazione in Italia? Qualcosa non torna in questa storia, ma questo è ciò che ne sappiamo e il resto sono solo supposizioni. Nel 1949 Nino Pagot presenta a Venezia I fratelli Dinamite; contemporaneamente Anton Gino Domeneghini, proprio alla kermesse cinematografica della laguna, lancia il suo La rosa di Bagdad. Pagot però specifica: l'origine del suo film risale al 1942, quando cominciò la produzione del corto intitolato Tolomeo. Domeneghini ribatte: anche La rosa di Bagdad ha subito lunghi ritardi nella lavorazione, cominciata esattamente sette anni prima, nello stesso anno e nel bel mezzo del secondo conflitto mondiale. Infine, come a voler accomunare il destino delle due opere anche nella successiva beffa, entrambi i film vengono rapidamente dimenticati e solamente un provvidenziale restauro di svariati decenni più tardi riporta alla luce in tutto il loro splendore La rosa di Bagdad e I fratelli Dinamite. Quest'ultimo, va detto subito, non può competere con il primo per la fluidità dei movimenti, per il montaggio e per la solidità della trama (sceneggiatura dello stesso regista); va comunque lodato senza dubbio lo sforzo che è stato necessario a riempire un'ora e mezza di pellicola di disegni animati a colori in un'epoca nella quale non c'era carenza solamente di professionalità nell'animazione, ma persino di pellicola. I fratelli Dinamite pesca riferimenti da Biancaneve e i sette nani (1937) per quanto riguarda i disegni, e palesemente dal Pinocchio di Collodi per la trama; un classico degli esordi dell'animazione è poi quello costituito dalla 'gita' all'inferno e dalla battaglia conseguente con il diavolo. Lascia invece un po' di perplessità la scelta – che scaturisce pure in modo piuttosto drastico – di 'mandare in paradiso' come premio finale i tre bambini protagonisti del film: pare un po' presto per porre fine alle loro vite, soprattutto considerando che non hanno fatto granché di male (nonostante il nomignolo affibbiato loro) e non sono neppure malati o in condizioni disperate. Mah. 5/10.
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