Regia di Mike Nichols vedi scheda film
Mike Nichols vinse l’Oscar con Il laureato, un film epocale che aveva al centro della storia lo scandalo sessuale tra il giovane Dustin Hoffman e la matura signora Robinson, Anne Bancroft. Fu epocale perché fu una delle prime volte in cui i panni sporchi non si lavarono in famiglia e le morbosità non venivano sfumate tra le fiamme del fuoco del camino del salotto di casa. Quindi che il regista di un film del genere sia il settantenne Nichols non deve sorprendere. Patrick Marber adatta la sua fortunata commedia teatrale aggiungendo qua e là qualche esterno, ma mantenendo di base la sua struttura: due personaggi, a rotazione, in un interno, a rotazione.
Per un’ora e quaranta si parla sempre e solo di sesso nelle sue più disparate evoluzioni ed involuzioni, che vanno dall’idealizzazione dell’amore perfetto alle masturbazioni autocompiaciute. Non esiste un altrove reale, c’è soltanto l’universo sessuale dentro cui gravitano i quattro personaggi della storia, rappresentanti altrettanti poli emotivi o presunti tali: Jude Law dovrebbe dare più voce al Micheal Caine che è in lui ed osare maggiormente nella volubilità; Julia Roberts non ci crede più di tanto e gioca di maniera con un personaggio infantile; Clive Owen stupisce in un ruolo ingrato, rude e pervertito; Natalie Portman vola altissimo ed è spettacolare, forse il vero motivo per cui vedere Closer. È lei la figlia del vento che abita la stupenda canzone di Damien Rice che apre e chiude il film, quella The Blower’s Daughter le cui prime note potrebbero provocare un infarto. È lei la ragazza fragile eppure forte, misteriosa ed enigmatica, che attraversa la storia come un irrequieto raggio di sole in una giornata uggiosa.
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