Regia di Lina Wertmüller vedi scheda film
Buon film, un po' sopravvalutato.
Storia di un contadino anarchico,che nel 1932, recatosi a Roma per assassinare il duce,finisce invece in una vecchia casa di tolleranza,coinvolto in una torbida storia d'amore,con finale tragico.Lina Wertmüller parla di regime e anarchia, col suo solito taglio grottesco e ironico e col suo stile sfarzoso.Fece all'epoca incetta di premi,sicuramente meritati.Indubbiamente la recitazione di tutti gli interpreti è assolutamente di primo piano.Tuttavia il film , suscita più di una perplessità.L'ambientazione e i costumi sono senz'altro ricercati e scrupolosi,la ricostruzione del vecchio bordello anni trenta,è probabilmente abbastanza verosimile,ciò che invece lascia spiazzati, in questo lavoro,è il tono eccessivamente caricaturale, con cui la regista dipinge alcuni personaggi,caratterizzati e stilizzati con tratto troppo spinto e sbracato,colorati a tinte forti e sgargianti, le prostitute del casino sono eccessivamente laide,triviali,sguaiate, il linguaggio è in vernacolo ,con prevalenza del dialetto bolognese e di quello napoletano, parlato artatamente in modo frettoloso e incomprensibile ed esibito con compiaciuta volgarità, si sentono echi di cinema felliniano, sullo sfondo di contesti e profili molto carnali e popolareschi,molto simili a quelli che avrebbero poi fatto la fortuna cinematografica di Brass.Altro elemento critico, è il ritmo del film, che è lento,a tratti verboso e prolisso,come giustamente segnalato dal critico,la macchina da presa indugia troppo, in primi piani, sul viso di Giannini.
Il film si chiude con un'interessante citazione di Enrico Malatesta.
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