Regia di Gianfranco De Bosio vedi scheda film
Alfredo Bini con la voglia di produttore spericolato e libero, affronta Ruzante al cinema, visto il periodo dei vari Boccacci e cose del genere che gironzolavano nei cinema a quell’epoca. Su questa onda il produttore ha voluto tentare un carta diversa, anche se sostenuta da una storia, che se non bilanciata poteva tranquillamente scadere nel sottogenere in voga, come poi accadde , sempre per Ruzante, in Fiorina la Vacca. De Bosio aveva già fatto cinema diversi anni prima in un film particolare come Il Terrorista, ma principalmente è stato un grosso nome del nostro teatro, e proprio con Ruzante ha dimostrato di averlo riscoperto in maniera degna e significativa, lasciando un segno indelebile nella nostra storia del teatro. Ruzante è stato come ritradotto, nel senso che i suoi scritti sarebbero stati incomprensibili nel linguaggio proposto, dato che il padoano ormai da qualche centinaio di anni era scomparso, fu quindi reimpostato in dialetto veneto e principalmente padovano, e quindi è riuscito a prendere un strada teatrale concreta ed efficace. Il film, tratto da una commedia di questo autore, è una storia sboccata e che a non stare attenti poteva scadere volentieri nella facile volgarità, come altri testi dell’autore, ma Bini si era assicurato la presenza di De Bosio proprio per questo, che poi ha contribuito alla sceneggiatura, assieme anche allo stesso Manfredi, che aderì all’operazione con entusiasmo e curiosità, ha dovuto, infatti, cambiare registro ed impostazione, ed in parte è anche riuscito a farlo, in special modo nella parte iniziale. Il film, per ragioni di finanziamenti, ha dovuto però sottostare a delle regole che purtroppo non convincono, come la scelta del resto del cast, ad eccezione della Schiaffino che in una certa maniera riesce a seguire non malamente il suo personaggio, dando una disponibilità inconsueta, forse per l’ultima volta nella sua carriera. Gli altri attori non sono giusti, e ruoli di primo piano sono in mano ad attori slavi che mettono una distanza troppo elevata con il testo, anche se il regista cerca in tutte le maniera di legarli. Altro difetto è la teatralità e l’impostazione della recitazione, che risente troppo del testo da cui proviene, sembra insomma di essere a teatro e l’ambientazione non è che una cosa di secondo piano, che semmai avvalora la distanza che il cinema si prende dal contesto teatrale da cui non si riesce ad uscire. Un’operazione che doveva essere studiata meglio a tavolino, e magari fare i conti con finanziamenti più adatti, al cinema in certi casi i denari servono, ma Bini purtroppo, dando fiducia all’allora moglie Schiaffino, ne aveva già spesi troppi in film che non dettero i risultati voluti.
una storia che poteva funzionare con le dovute accortezze
non è riuscito a sbrigliarsi dal teatro
la prima parte perfetto, acnhe nell'impostazione ed intonazione nella seconda ha perso un po' il ritmo
si lascia guidare e qualcosa azzecca
ci doveva essere Giuliano Gemma, non so cosa sarebbe successo, ma lui è troppo anonimo e distante da questo ruolo
doppiato è davvero snaturato
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