Regia di Robert Zemeckis vedi scheda film
Il sogno, il gioco, l’avventura: sono questi gli ingredienti della fiaba, che Zemeckis articola con una tecnica digitale fredda, eppure illuminata dall’aura crepuscolare tipica dei racconti natalizi. La spettacolarità viene dosata con cura, riservando il meglio per il finale, con una poetica del meraviglioso che si basa sui piccoli stupori, sui dettagli che sono singoli gioielli di fantasia. La storia inizia con incertezza, quasi con timore, per aprirsi poi, con coraggiosa inventiva, alla vertigine dell’impossibile, in un crescendo onirico che segue la precipitosa corsa del treno verso il Polo Nord. La notte è, simbolicamente, il luogo della magia, dove ogni cosa vera o immaginaria, presente o passata, dalle luci elettriche alle figure dei fantasmi, acquista, per contrasto, in visibilità e bellezza. Come nella favola di Alice, il viaggio del Polar Express è pieno di sorprese, che sono, nel contempo, pericolosi trabocchetti e porte verso nuove, miracolose scoperte; ed è un itinerario che ognuno dei personaggi affronta in maniera personale, come un’esperienza da cui uscirà cresciuto. Quello seguito dai bambini protagonisti è il classico percorso labirintico che mette alla prova i caratteri e distingue i singoli ruoli individuali, evidenziando, in ciascuno, i punti di forza e le debolezze. Il tutto è carico di una tenera nostalgia per le illusioni dell’infanzia, per la capacità di credere oltre il limite della ragionevolezza, e di vedere il mondo con occhi che trasfigurano anche la nuda evidenza della realtà: un effetto che Zemeckis sapientemente affida alla plastica suggestione della motion capture, spennellando la fotografia di una colorata glassa di ingenuità.
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