Regia di Kim Ki-duk vedi scheda film
Il capolavoro assoluto di Kim Ki-Duk, un dramma zen sull'essere umano e la sua condizione sovrannaturale al di sopra di qualsiasi forma civilizzatrice. Il muto protagonista penetra nelle case di sconosciuti, vive le loro esistenze tramite le loro foto, indossa i loro vestiti, dorme nel loro letto. Egli supera di tanto la semplice concezione umana, si eleva ad uno stato di grandezza che al cinema non si era mai visto, e Kim, in passato direttore di drammi carnali e violenti, non aveva mai dimostrato un simile amore per un suo protagonista, nemmeno in "Primavera, estate..", nemmeno nel commovente "Soffio". E arriva una donna, sembra l'Adamo ed Eva di una nuova consapevolezza, di un nuovo stile di vita (abbastanza comunista, a ben pensarci), che pensa al bene assoluto della natura e delle sue creature. Per questo la scena dell'incidente con la pallina da golf è di una drammaticità straziante, per questo diventiamo immediatamente innamorati dei due protagonista che vagano e comunicano molto di più degli altri esseri umani, che in 17 pagine appena di sceneggiatura dicono solo il superfluo. Cinema di potenza davvero afrodisiaca, immagini calcolate al millimetro che parlano da sole, fantastica idea di cinema che in Occidente non abbiamo. Abbiamo appena partecipato alla vita nel suo livello più alto, e quando il sogno cinematografico è così magico ma anche così pieno di realtà, ci libriamo in aria e smettiamo di necessitare della voce, della corporeità, come i due protagonisti, fantasmi in un limbo di favolosa poesia.
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