Regia di Kim Ki-duk vedi scheda film
Un'opera in cui poesia e fantasia regnano sovrane. Tutto è rito, tutto sembra avere un significato altro, i due protagonisti seguono una traccia invisibile, con abnegazione, in silenzio come spettri o aliti di vita. Belli, bellissimi nel loro muto attraversare le case altrui e le altrui vite; fotografandone momenti, lasciando un'orma di benessere e pace e senza mai stravolgere ciò che toccano. Lui passa la vita ad entrare nelle case (e nelle vite) altrui senza distinzioni di sorta; dall'abitazione di un riccone a quella minuscola di un povero pensionato morto di cancro; in ogni casa si lava, lava con cura ed a mano i vestiti, aggiusta un oggetto, carica nello stereo una musica, lava ed innaffia le piante e si cucina con ritualità un pasto. Non ruba nulla, non rompe nulla. Nei pochi momenti fuori da queste abitazioni, trascorre il tempo a colpire una pallina con un ferro 3, dopo averla attaccata al busto di un albero. Una solitudine pregna di angoscia e romanticismo che ne incontra un'altra... lei, bellissima e commovente, in grado di capire subito l'affinità che li lega ed assecondare gli strani riti dell'uomo che ha invaso la sua casa senza per questo violarla. Il contrasto tra la figura dell'intruso e quella del marito che invece dovrebbe rappresentare il simbolo più intimo e familiare di quelle mura, è spiazzante e intenso. Il finale è stupendo, trascendentale e mistico. Se si eccettuano un paio di scene involontariamente comiche (il boxer che si mette i guanti prima di entrare nella sua stanza da letto abitata da due sconosciuti ed il secondino che riesce a non trovare il detenuto in una stanza grande come un tabbuto), il resto è poesia allo stato puro. Voto: 9.
Eterea.
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