Regia di Philip Kaufman vedi scheda film
Una trama dalla pochezza spesso e volentieri disarmante ed una regia credibile solo in alcuni dei rari momenti di lucidità (eh sì; i fumi dell’alcol “corretto” inebriano un po’ troppo ed un po’ tutti; probabilmente - oltre al “brillante” ispettore Jessica Shepard/A.Judd, che si accorge di tutto tranne di quello che c’è nel suo drink quotidiano - anche lo stesso Kaufman) destabilizzano le fondamento di questo ennesimo scialbo thriller, il quale fa della convenzionale mediocrità il proprio vessillo di riconoscimento. Il cast, capìta l’antifona, si adegua (so per certo che S.L.Jackson non è un professionista dell’usato sicuro, ma, qualche volta, pellicole come questa mettono a dura prova finanche le convinzioni più radicate) e la suspense (?) appare un oggetto misterioso del quale Kaufman si disfa in fretta.
Dopodichè, a dir la verità, talune premesse gettate dalla sceneggiatura non mi erano parse, all’inizio, meritevoli di un giudizio draconiano (la disinibizione della protagonista sembrava consentire potenzialità narrative di non poco momento), ma tutto il mistero finisce lì. Disperso nella nebbia che circonda il Golden Gate (e un po’ tutta San Francisco) o, se si preferisce, affogato nel mare dell’anonimato. (Oppure ancora) invischiato in quella medesima tela (giusto per dare un senso al titolo italiano) in cui finirà i proprio giorni il serial killer che (poco) meticolosamente l’aveva tessuta.
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