Regia di Eros Puglielli vedi scheda film
Atteso come l’epigono del miglior Dario Argento, Eros Puglielli né perde la scommessa né la vince in pieno. La storia è molto angosciante, va detto, ma non è nulla di nuovo, e si vede lo zampino della produzione spagnola. Infatti al centro della storia c’è il passato in orfanotrofio come origine del male e della turba personali, e questo è un tema molto caro alle produzioni horror-e-non spagnole, perché radicato alla pagina più buia della storia spagnola, quella della guerra civile e del franchismo, dove appunto si perse l’innocenza e “l’infanzia” di un paese intero. Anche l’estetica del film riprende i colori, le inquadrature, i filtri, cari al recente horror iberico come “The Darkness”, “Nameless” e altri. Così come prende dal cinema americano le accellerazioni, le teste che frullano, il montaggio sincopato, e altri ghirigori inutili. Di italiano rimane, fortunatamente, l’artigianalità del genere e l’idea argentiana del thriller all’italiana. C’è un animo molto barocco in questo “Occhi di Cristallo”, e tante bambole, statue, manichini, insomma uomini depersonalizzati. Il risultato è buono perché in Italia certi film, praticamente, non si fanno. Il plauso va al regista che ha saputo fare bene un lavoro di stencil su forme estetiche straniere o passate. Nulla di nuovo, ma lo spettacolo è carino. C’è da lasciar perdere i dialoghi, quelli sono davvero pietosi.
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