Regia di Richard Linklater vedi scheda film
E ricomincia lentamente a ricrearsi la giovinezza, lentamente (e con più difficoltà, vista l'età adulta) ricominciamo a scordarci di vivere. Le suggestioni sono simili a Before Sunrise, sebbene meno potenti e convincenti, specie nei dialoghi in cui troppo Linklater, Hawke e la Delpy (tutti co-sceneggiatori) si lasciano scappare ingenuità e affermazioni che delineino facilmente i nuovi caratteri dopo nove anni di lontananza. Eppure la scintilla continua a scoppiettare, il sogno d'amore si tinge di un'oscurità che è maturazione, e si oppone a una realtà che è andata ancora più definendosi. Jesse si è sposato, ha un figlio, è diventato scrittore, ha cominciato, dopo quell' "alba" leggendaria, a interessarsi al misticismo. Celine è rimasta sola, intristita tra uomini che hanno con lei capito "cos'è l'amore", ma l'hanno lasciata per sposarsi con altre, per dimenticarla e farla ricordo del passato. Così se Jesse appare sottilmente cambiato, Celine si è del tutto trasformata: ancora più nevrotica e impulsiva, più rassegnata alla realtà, più incapace di credere alla magia fra gli individui. "Chi non crede in una qualche magia è come se fosse già morto", come diceva Einstein, ma lei vive semplicemente cosciente, sapendo di vivere e non riuscendo a dimenticarsene, trascinandosi di storia in storia senza le speranze che nella giovinezza riponeva nel futuro. Allora, se lentamente lei rivivrà la paura dell'abbandono di Jesse, ricominciando a provare sentimenti di purezza inconfondibile, Jesse, dall'altra parte, impaurito anche lui da una possibile nuova separazione, la lega a sé rimandando il tragitto verso l'aeroporto di Parigi, e resta con lei nella crescente consapevolezza che la sua vita è anche peggio della sua, perché chiusa in inganni della realtà, e non più negli inganni (illusioni) sani della gioventù. Linklater, sempre capace di gestire lunghi pianisequenza senza fare il vanitoso, riesce a riempire di nuovo i personaggi, a ricostruirli con affetto, senza la verve di Before Sunrise, dilungandosi nei riferimenti all'ambiente e alla partecipazione nel sociale di lei, ma arrotondando le crescite psicologiche, dimostrando che l'età non proibisce la crescita. Forse volutamente la magia si è spenta, la stessa Parigi (assai più distante di quanto non fosse Vienna) rischia di diventare lo sfondo "trovato all'ultimo momento", e forse questo è un errore di script, o forse invece (ed è preferibile quest'altra opzione) è semplicemente la volontà di ritrarre la capitale francese in maniera più triste e arida, poiché comincia a diventare sdrucciolevole, il quotidiano di lei ricostruito per un incontro imprevisto all'insegna della rassegnazione. Il pathos diminuisce, si innesta il volgare spesso e volentieri, tutto è più debole e fragile, ma allo stesso tempo straordinariamente coerente, e non abbastanza distruttivo da farci disamorare di due personaggi adorabili in qualunque circostanza, non perché eroici, ma perché vicinissimi a noi e spaventosamente frustrati. Ecco che Before Sunset, nonostante l'annunciato lieto fine, risulta più malinconico, più freddo, più flemmatico: è diventato abitudine, Noia che si trasforma, e nel finale anti-spettacolare che sembra interrompere sul più bello, ci monca della conseguenza, che potrebbe essere ancora più felice, ancora più allegra, ma non vuole privarci del beneficio del dubbio. Il secondo capitolo si rivela, dopotutto, autonomo, affrontabile anche senza il primo capitolo, ma forse dipendente per tematiche e sottotesti, per questo anche strutturalmente più debole, ma comunque soddisfacente, perché da Jesse e Celine, chi li ha saputi amare, non se ne vuole più separare. Possiamo apprezzare quanto vogliamo, formalmente, l'ambiguità, ma l'attesa freme per cosa accadrà prima di mezzanotte...
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