Regia di Elisabetta Sgarbi vedi scheda film
Elisabetta Sgarbi ha detto che con Notte senza fine ha voluto trattare le parole come persone. Va bene. Però lo spettatore che guarda il film (ma è un film o qualcos’altro?) non può che indossare una veste che magari non è sua, quella dell’agorafobia. Perché le parole-persone di Notte senza fine sono tante, tantissime, e mettono paura. Non è dato sapere se uno degli intenti dell’autrice era quello di terrorizzare il pubblico, renderlo cosciente di un dolore contemporaneo che è anche verbo, suono vocale, in un mondo in cui la sofferenza si manifesta attraverso ogni strumento possibile, e la parola risulta arma sopraffina e nobile. Se è così, Notte senza fine è un capolavoro. Però è anche vero che lo spettatore-tipo, di fronte ai tre atti dell’opera, Amore Tradimento Incesto, basati su testi di Amin Maalouf, Tahar Ben Jelloun e Hanif Kureishi, sia indotto a pensare agli affari suoi. Quattro grandi attori in monologhi su amori morti prima di nascere, tradimenti sognati e forse non veri, passati ottenebranti per padri e figlie: Notte senza fine è teatro rigorosissimo, essenziale, ombroso, dove la luce, quando c’è, è mortifera; ma le ombre schiacciano e, come in un noir, uccidono.
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