Regia di Brad Anderson vedi scheda film
«Se fossi un po’ più magro, non esisteresti». Una frase che per Trevor (Bale) è un “déjà vu” vissuto nello spazio di poche ore o di molte notti. A fare questa considerazione sono Stevie (Jason Leigh)e Marie (Sánchez Gijón) due donne che sono tra le poche presenze (reali o immaginate?) nel mondo disseccato, scarnificato e desolato del protagonista. Consumato nel corpo (le ossa sembrano sul punto di strappare la pelle sempre più tesa e trasparente e Christian Bale si è sottoposto per il ruolo a quella dieta che prende il nome di “notte degli Oscar” ) e nell’anima azzannata da bestie feroci, da piccoli disegni-puzzle, da frigoriferi che colano sangue, da incontri indecifrabili, da giornate dimenticate, da giri nei tunnel della paura di un luna park, da mirini di macchine fotografiche che sfocano nel passato. Trevor è il geometra e l’inquilino del proprio labirinto mentale. Da un anno non dorme più, si aggira con gli occhi sgranati e “ciechi”, l’andatura e i riflessi di un fantasma. Si trascina tra il suo appartamento spettrale, la piccola fabbrica in cui lavora, i bar che frequenta. Accerchiato dalle percezioni allucinatorie, dalle angosce, dalle false premonizioni, da immagini, da incidenti. Sopravvive, male, a qualcosa. Ad un lutto, ad un trauma, ad un crimine? La sceneggiatura, l’ottima regia e i bravi attori disseminano sintomi e indizi senza tradire la suspense interiore. La soluzione finale la si può intuire. La chiusa della storia non intacca un film notevolissimo, polanskiano. Una gemma del perturbante cinematografico.
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