Regia di Brad Anderson vedi scheda film
a Vale
The machinist infrange nella paranoia rimorso e dannazione, e la performance di Christian Bale, dimagrito all'inverosimile, nobilita offrendo, paradossalmente, ulteriore spessore ad un thriller visionario che trascina e coinvolge. Ci assottigliamo via via anche noi nel tentativo di penetrare psiche e dilemmi del protagonista, sbarriamo gli occhi alla ricerca dell'indizio, ci addossiamo la follia e le contraddizioni, entriamo in conflitto con l'alienazione del lavoro, la solitudine dalle nostre stanze, la precarietà dei nostri amori, accarezziamo gli incubi custoditi nelle nostre case, nel riflesso d'uno specchio, nel sospetto d'un errore.
Uomini senza sonno diveniamo noi che deleghiamo la disperazione ad un film affrancandocene comodamente seduti. Fino a che la poltrona diventa spina sospetta, sguardo infido, memoria dissepolta. Le sicurezze palesate si frantumano nei gesti quotidiani, nella routine stuzzicata. Gli scheletri nascosti s'identificano nello scheletro ambulante di Bale, i suoi incubi turbinano nel grigiore di fabbrica, nel tentativo di approccio affettivo, nell'apparire di fantasmi che bussano di continuo ad una qualsiasi porta. Che sia porta di frigo inesplorato o di coscienza esausta come un corpo denutrito ed insonne.
Il film nel film moltiplica le visuali, sbriciola coordinate, stuzzica interrogativi che desiderano solo riposare, chiudere gli occhi, dormire ristorando una quiete impossibile.
Finché l'uomo senza sonno non scioglierà l'enigma non avremo più la forza, noi invischiati di metacinema, di percepire neanche le pieghe di sceneggiatura sgualcita, di forzatura decolorata, di occhio dissaldato.
Catapultati nel delirio riconosceremo forse un antico rimorso, ed il suo mangiarci dentro, fino all'esaurimento. Fino al giusto sonno. Se mai ne avremo diritto.
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