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The Driller Killer

Regia di Abel Ferrara vedi scheda film

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La recensione su The Driller Killer

di Decks
7 stelle

Dopo le esperienze registiche nel porno, Ferrara riesce ad editare il suo vero primo film; un horror che possiede già tutti gli stilemi tipici del regista e inizia la lunga collaborazione con la scrittura di Nicholas St. John, con un cast fatto di non professionisti (Ferrara è il pittore protagonista sotto pseudonimo) e un budget ristretto.

Subito veniamo catapultati in un universo maledetto, misterioso, composto di pennellate underground. Aiutati da una fotografia sciupata, sporca che mostra una metropoli peccaminosa e inquietante, il pittore si trova a dover far fronte a grossi problemi economici, la cui unica salvezza è un dipinto, che a dir suo sarà un capolavoro. La sua psiche è tutta concentrata all'interno di un mondo solitario, dove un realistico occhio di bufalo ghermisce il suo intero essere immaginario. Purtroppo il fardello di impegni, preoccupazioni e disturbi esterni si fa sentire, facendo precipitare il protagonista in una tetra ossessione di morte erotico-mistica. Dal pennello si passa al trapano elettrico, che miete le sue vittime in una sciagurata follia.
Come è facile intuire, sporcizia e cattiveria sono gli aggettivi che più rappresentano il film. Una lenta discesa da artista ad animale, i quali unici interessi sono ingozzarsi maleducatamente e possedere la femmina a qualunque costo.

Se dunque metaforicamente il film funziona, è nella realizzazione che possiede qualche difetto. La parte iniziale è lenta, troppa l'attesa per ingranare la giusta marcia e ritmo che la pellicola vuole trasmettere. Molte sono le scene, il cui livello di sottigliezza è così elevato, che non tolgono e aggiungono niente al prodotto, venendo subito dimenticate. Poco prima del finale inoltre, viene dato largo spazio allo splatter, ben eseguito stilisticamente, ma mal posto nell'intreccio: le scene sono un unico amalgamarsi di sbrigativi decessi più o meno perfidi, il cui unico scopo è quello disturbante. Quando invece, scene più lente e più ragionate (lo scempio di una carcassa di coniglio) funzionino ben più di una semplice corsa alla carneficina. La regia poi è ancora acerba, troppo statica in molte scene, nonostante riscuota un bel risultato nelle scene più crude, sottolineando con cura il sanguinoso atto. Per di più il cast di attori non professionisti purtroppo si sente, facendo perdere quella perfetta identificazione, che l'atmosfera della pellicola riesce a creare.

Ha però dalla sua, sceneggiature che non solo sono ben eseguite, ma danno persino qualcosa in più alla già buona caratterizzazione dei personaggi, i dialoghi vaneggianti e anarchici tipici dei sobborghi e tuguri di New York aiutano lo spettatore ad immedesimarsi in un atmosfera nichilista e abietta. La colonna sonora accompagna benissimo gli eventi del film, ringraziando il punk degli Stooges (con persino una citazione) e con sviolinate che sottolineano ancor più il terribile atto che il protagonista compie, trasformando la pellicola in un connubio di musica e violenza.

Coniugando esperienze dell'arte e del delitto, Ferrara dimostra uno stile apprezzabile e una tecnica particolare che rendono la pellicola una sufficiente prima prova, con i suoi relativi problemi quali una regia grezza e una trama a volte disordinata e pesante, strizzando l'occhio ad altre opere quali "Taxi Driver" e "Repulsion".

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