Regia di Mikael Håfström vedi scheda film
Svezia, anni ’50. Erik è un giovane ribelle, violento ma appassionatamente studioso. Cacciato dalla scuola pubblica, la madre con grandi sacrifici lo iscrive in un istituto privato d’élite. Ma all’interno della scuola vige un terribile nonnismo, che arriva fino alla tortura e viene tollerato e fomentato dal direttore. Erik non ci sta, ma d’altro canto per non deludere la madre non può nemmeno farsi cacciare. Cerca di mettere in pratica le tecniche di resistenza passiva, ma quando i suoi persecutori licenziano la cameriera di cui era innamorato e fanno scappare il suo unico amico, reagisce. Questo adattamento di un romanzo autobiografico di Jan Guillou è stato candidato agli Oscar 2004. Si tratta di un’operazione non particolarmente nuova, messa in scena in modo tradizionale e un po’ elementare nei conflitti. In fondo, cose molto simili le aveva già raccontate (con maggiore urgenza) un film svedese di sessant’anni fa, Spasimo, scritto da Bergman. La regia, più che andare per il sottile, mostra una certa energia e un discreto ritmo, coadiuvata dall’altrettanto energica interpretazione di Andreas Wilson.
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