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Camminando sull'acqua

Regia di Eytan Fox vedi scheda film

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La recensione su Camminando sull'acqua

di Decks
6 stelle

Il Mossad è conosciuto, non tanto per le sue azioni volte a garantire la sicurezza dello stato d'Israele, ma per l'intensa attività di caccia all'uomo nei confronti di criminali nazisti e fascisti. I metodi, con cui gli agenti puniscono i loro passati persecutori, sono ai limiti della legalità e spesso, per niente equi.

Eytan Fox ci mostra uno degli agenti di questo servizio segreto: spento ed imperturbabile, egli è il perfetto ritratto del serial killer.

 

Durante i primi minuti sembra di assistere ad un insipido plagio israeliano di 007: con musiche forti e un frenetico pedinamento che termina in un calcolato delitto. Ma bastano pochi minuti per accorgersi che Fox ha in mente ben altro per il suo rigido agente. Non combatterà contro i piani malvagi di qualche criminale, ma si troverà di fronte due fenomeni ben più astratti.

Passato e presente: due forme temporali a cui viene data grande importanza per tutti i 103 minuti di questo film, non solo dai due protagonisti, ma da due nazioni, che hanno scelto di affrontare differentemente il proprio passato. Il risultato è quello di avere due presenti molto dissimili tra loro: anni orsono, gli ebrei venivano ingiustamente seviziati, ed il loro eccidio è ancora oggi vivo nei ricordi di tutti, ma... Cosa è accaduto nel frattempo nel mondo odierno?

La Germania ha cercato di dimenticare e di andare avanti, ammettendo quanto quegli anni siano motivo di vergogna per chiunque e ricostruendo uno stato da zero, senza odio e xenofobia; Israele, al contrario, cerca ancora vendetta: l'avversione e il disprezzo per Eyal della nazione tedesca è palpabile fin dai primi dialoghi con Axel, ma al contrario dei loro vecchi nemici, adesso Israele è uno stato in guerra, pieno di rancore e acredine verso la Palestina; sono loro i carnefici, e senza rendersene conto, seguono gli stessi passi dei loro tanto disprezzati nazisti, discriminando e oltraggiando qualunque palestinese. Uno di questi, farà notare a Eyal di come sia l'ora di andare avanti e che l'autocommiserazione in tempi attuali, è decisamente fuori luogo, una frase forte e interessante, su cui il regista ci si sofferma fin troppo poco.

 

Fox, difatti, ha un altro tema a lui caro da trattare. L'omosessualità. Lasciando da parte tutte le morbosità, egli costruisce un sentimento forte, un bisogno umano di amore che viene scalfito dolcemente dalla cinepresa; piccoli segnali, parole non dette, è qui che il film dà il meglio di sè.

Vi è una tenerezza unica tra Eyal e Axel: tra i due nasce un'amicizia ed un legame che non ha nulla di passionale, ma lo spettatore, finirà comunque ad osservare ammaliato quell'amore platonico e commovente che si forma tra i due.

Una comunicativa omoerotica, non solo autentica, ma affettuosa: senza mai sfiorarsi, essi uniranno corpo e cervello l'uno con l'altro in maniera indissolubile, facendo scaturire un puro sentimento ben più forte di un becero rapporto sessuale. Sequenze quali: la discussione sulla musica, chiacchiere sull'atto carnale o sulla circoncisione e così via. Fox gioca continuamente sul detto-non detto, realizzando un romanticismo unico e soave, il cui punto massimo lo si ha sul Mar Morto: sguardi e risate in completa nudità di corpo e anima.

 

 

Se però nel lato sentimentale Fox è capace di creare una storia d'amore idealistica davvero fenomenale, la restante trama non funziona come dovrebbe: gli manca quell'oggettività necessaria nel mostrare limiti e pregi di una terra santa che viene dilaniata da guerre e attacchi terroristici, in cui gli islamici, non sono necessariamente dalla parte del giusto.

In più, nel finale parteggia per una soluzione violenta verso un mostro quasi centenario, che ha perso divisa e qualsiasi orrido tratto: un vecchio, che a malapena sa stare in piedi vittima di un parricidio che non solo ha un senso del macabro, ma demolisce tutte le buone intenzioni della pellicola nel ritrarre una Germania comprensiva e tollerante, a favore di uno spirito vendicativo che, anzichè dissotterrare fantasmi ormai dimenticati, dovrebbe guardare al presente e placarsi.

 

La regia di Fox, unita agli attori alle prime armi, rischia di far perdere molti punti al film: durante i momenti emotivi funziona la sua ripresa lenta, adagiandosi sui volti dei due protagonisti con indiscutibile tatto; nelle restanti, l'eccessiva staticità è sinonimo di noia, attuando persino movimenti scordinati che denotano un'insicurezza non indifferente.

Unito ad attori che non colpiscono mai quanto dovrebbero, si finisce in scene che prolungano malamente la durata del film, decisamente dimenticabili. In particolar modo l'assalto dei naziskin nella metropolitana: non solo appare come la classica trovata effettistica volta a colmare in qualche modo una scena pressochè inutile, ma in un film del genere è mal posta e mal realizzata, sia nei tempi che nelle coreografie.

Peggio ancora è il montaggio di Yosef Grunfeld. Banale e imperfetto: tecnicamente impreciso, taglia frettolosamente scene quali l'incontro tra Eyal e Axel rendendolo davvero confusionario; più i margini ideologici e razziali, che sono resi con una superficialità diametricalmente opposta alle alte intenzioni del film. Un disastro, che compromette l'intero lungometraggio.

 

Proprio come Axel, il film pare ad una prima occhiata un miracoloso punto di vista del mondo israeliano, per poi scivolare su una base tecnica difettosa e un finale che stronca tutti i buoni propositi messi fino ad allora (anche se piuttosto malamente) in scena.

È però sicuramente una pellicola umanissima, con alcuni spunti interessanti. Se Fox avesse lasciato spazio al solo intreccio d'amore chimerico, avremmo avuto uno dei migliori film sulle relazioni omosessuali del nuovo millennio, così invece, è appena sufficiente.

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