Regia di David Lean vedi scheda film
I kolossal della vecchia Hollywood per quanto riuscissero a registrare enormi incassi, sono sempre stati trattati con sufficienza della critica ed inoltre, il 95% di essi visto oggi risulta invecchiato male (voglio usare un termine neutro).
Questi film sono considerati gli antenati dei moderni blockbuster e hanno fatto molte vittime illustri, anche tra i grandi registi; l'unico ad uscirne indenne e fare di queste gargantuesche pellicole dei film di notevole interesse, era David Lean.
Il re del kolossal, veniva da tre grandi produzioni di successo e avrebbe potuto girare quel che voleva, ottenendo il budget desiderato e carta bianca dai produttori.
Lean decide di narrare il più classico dei soggetti di queste megaproduzioni, un melodramma. L' originalità nel cinema del regista inglese, sta nel scegliere per i suoi kolossal dei fronti bellici secondari da sfondo alle sue storie ed in questo caso ci troviamo nel 1916 a Kirrary, piccolo paesino affacciato dell'oceano Atlantico, situato nel sud-ovest di un'Irlanda in preda alla rivoluzione delle forze dell'IRA, le quali approfittando dello sforzo inglese durante la prima guerra mondiale, vogliono liberarsi dal dominio della Gran Bretagna.
Il film non si chiama Rose, come la protagonista del film, ma la figlia di Ryan, mettendo subito l'accento sul fatto che si tratta di una storia di due anime tormentate dalle loro azioni e dai loro tradimenti, di Rose verso il marito, e del padre della ragazza Thomas Ryan (Leo McKern) verso il proprio paese.
La Prima Guerra Mondiale è un qualcosa di orribile e difficilmente narrabile, ma a Kirrary sembra essere un orrore lontano nel tempo e nello spazio, mentre più tangibile risulta essere il movimento irlandese per l'indipendenza. Tutto questo è abbastanza trascurabile per la protagonista Rose (Sarà Miles), figlia del gestore del pub del paese, la quale giornalmente passeggia per le splendide spiagge e scogliere battute dal vento tenendo in mano il suo ombrello.
Rose è immersa in uno splendido paesaggio che si perde a vista d'occhio (la spiaggia non ha niente di Hollywoodiano anzi, è più un posto seppur pulito ed incontaminato, fortemente selvaggio e folkloristico) ed un Oceano Atlantico che riversa di continuo le sue onde sul bagnasciuga cancellando le impronte nella sabbia, la ragazza non riesce a trovare risposte o una risoluzione ultima alle proprie inquietudini, per via delle quali continua a vagare senza meta e senza un riferimento preciso. Rose non riesce a capire cosa sta cercando e non potrebbe che essere così, visto che il paesaggio che si perde tra una spiaggia infinita, un Oceano agitato, scogliere altissime e rocce, sassi e pozze d'acqua che affiorano dalla sabbia, non le offre alcuna riposta.
In questo caso Rose crede che la soluzione al problema possa trovarla da elementi esterni come, l'insegnante di mezza età Charles Shaughnessey (Robert Mitchum) che ritorna al paesino per riprendere l'insegnamento. La ragazza è sempre stata innamorata di lui e pensa così di poter trovare un posto nel mondo, è alla fine entrambi si sposano. Tra Charles e Rose, il matrimonio non è Rose e fiori e la ragazza è fortemente delusa dalla prima notte dopo le nozze, constatando con amaro terrore come nulla in lei sia cambiato dopo le nozze.
I giorni e le settimane passano immutabili ed il matrimonio con Charles, sembra essere diventato una prigione in cui Rose non riesce a trovare risposte alle sue domande, forse perché neanche lei sa' cosa cerca.
La soluzione un'altra volta viene dall'esterno, con l'arrivo al piccolo campo militare del maggiore Doryan (Christopher Jones), un giovane uomo zoppicante, che ha visto l'orrore della guerra delle trincee.
Il taglio all'occhio gli dona un fascino ambiguo e misterioso, che si aggiunge alla sua bellezza giovanile.
Doryan trova in Rose una presenza femminile quasi materna, in grado di fargli superare lo shock della guerra, mentre Rose trova nel maggiore una figura che può darle piacere fisico che non riesce a trovare in Charles.
L'ho fatta lunga, ma il film non è altro che questo, un melodramma di amore e tradimenti nell'Irlanda più remota del 1916 della durata di 202 minuti.
In quello che dovrebbe essere una storia intima, Lean innesta il gigantismo epico del suo cinema, sfruttando le magnifiche location appositamente scelte, dove il verde della terra, incontra le vertiginose scogliere, le quali s'incontrano con la furia delle onde dell'oceano, le quali poi si riversano sulla spiaggia.
È un paesaggio arido e per certi versi ostile all'uomo, ma nel suo essere inadatto alla vita, si dimostra essere infinito e bellissimo. Lean dilunga a dismisura le inquadrature, splendidamente illuminate da un Freddie Young all'apice della sua carriera di direttore della fotografia (terzo oscar meritato per lui), in modo che lo spettatore si perda nei geometrismi calcolati dal posizionamento accurato degli attori e dalla scelta cromatica dei loro costumi, raggiungendo l'apice in un'insolita sequenza visionaria/onirica (Non è proprio parte del repertorio di Lean), dove Charles "vede" con i suoi occhi il tradimento di sue moglie con Doryan.
L'occhio è appagato, ma a Lean questo non basta, perché allo spettatore và regalata un'esperienza da wow; questa arriva con l'imponente sequenza della tempesta che si scaglia nel paesino e rompe l'ormeggio delle casse di armi mandate dai tedeschi, in modo che i membri rivoluzionari possano farne uso per destabilizzare il loro nemico dall'interno.
È la tempesta più grande, violenta ed imponente della storia del cinema, un lavoro di perfezionismo che portò Lean ad attendere quasi un anno per poterla filmare e regalareagli occhi felici di noi spettatori (che spettacolo sarebbe stato vederla al cinema).
Il cinema per David Lean è spettacolarità, cosa che vedendo gli extra del dvd, asseriva essere mancante nei film della New Hollywood, i quali secondo il suo giudizio erano realizzati in modo esteticamente approssimativativo ed i cineasti se ne vantavano anche di questo.
In effetti vedendo l'impianto estetico fotografico della pellicola, le pellicole contemporanee ne escono con le ossa rotte per lo più, ma non è quello che critica e pubblico andavano cercando, poiché La Figlia di Ryan era un film fuori dal tempo già quando uscì dal cinema.
La pellicola rinuncia quasi alla parola, per abbandonarsi a degli splendidi paesaggi mai cartolineschi e fortemente originali per come messi in scena o ripresi, con delle inquadrature di puro Malick ma senza la religiosità del cineasta americano, visto che qua la figura di padre Collins (Trevor Howard), assume caratteri nuovi e una mentalità molto più flessibile rispetto a quella rigida ed ottusa degli abitanti del paesino, un luogo frequentato da un proletariato involgarito e rozzo, che si barcamena per la strada fangosa ed impantanata del paese.
Se la scelta della protagonista risulta azzeccata per reggere sulle spalle il peso dell'opera, grazie sui suoi movimenti impercettibili con cui emergono i suoi dubbi senza un perché e l'impossibilità di trovare delle risposte, Mitchum è più sottotono in taluni punti (con una scena di sesso in cui avrebbe potuto impegnarsi di più cavolo) e meglio in altri in cui risulta preda del dubbio, mentre Christopher Jones (il regista avrebbe voluto Marlon Brando o Peter O'Toole) ha si fascino misterioso, ma lega poco a livello relazionale con la sua partner (e ci metti una vita per fare un movimento e toccarle le tette nella scena di sesso nella radura bello mio!) e non convince nei suoi attacchi di panico da stress bellico post traumatico, dove sembra preda di un'attacco epilettico.
A dispetto di quello che si dice il film non fu un flop al botteghino (costato 13 milioni ne incassò 30), ma ad un'analisi attenta e meno della metà di Larence d'Arabia (1962) e meno di 1/3 del Dottor Zivago 1965), quindi un netto passo indietro. Approfittando di ciò, se i grossi incassi fecero si che pochi critici si scagliassero contro il Dottor Zivago; venendo meno questi, in molti si lanciarono in una sassaiola spietata contro l'opera, demolendola senza alcuna pietà. Vedendo le intervista nel dvd, dove abbiamo il punto di vista di John Boorman, cineasta della New Hollywood, a Lean veniva accusato di aver tirato fuori da una storia intima, un inutile poema epico e gigantesco a tutti i costi.
Sinceramente sono accuse assurde, Lean non ha fatto altro che innestare il suo cinema, in una storia che in effetti è modesta. Il gigantismo e l'epicita' voluta da Lean, è qui estremizzato all'eccesso per molti detrattori, ma sento di difendere tale scelta artistica, poiché nonostante le pecche è ciò che conferisce forza ed originalità al film. Non é un gigantismo scenografico tipico di melodrammi come Via col Vento (1938), ma una grandezza attesa e a lungo inseguita da Lean che ha aspettato giorni se non settimane, per girare dei singoli frame.
Tutto quello che si vede (tranne il villaggio costruito dal nulla) è reale e tangibile. Ogni centesimo di quei 13 milioni è stato speso al servizio di un kolossal come si deve, dove i cineasti odierni impigriti e rincoglioniti da color correction e green screen a manetta senza alcun gusto estetico, hanno tolto ogni significato alla parola blockbuster, rendendoli giganteschi film dal punto di vista produttivo, ma terribilmente appiattiti e omologati tra loro, togliendo l'aura da film evento.
La Figlia di Ryan quindi è tutto David Lean, nei suoi pregi e nei suoi difetti, sinceramente l'ho gradito più del Dottor Zivago, che di più grande rispetto a questo film ha giusto il lato politico più interessante e gli incassi, per il resto questa pellicola lo sopravanza concettualmente come cinema, ma essendo uscita in piena New Hollywood, venne massacrata come già detto.
In spregio alle critiche, il regista lancerà un'invettiva forte verso la critica ed i film di quel decennio, facendo poi ritorno alla regia di un film (sempre un kolossal), solo 14 anni dopo, quando la New Hollywood è crollata e secondo Lean il cinema può riacquistare la spettacolarità che aveva accantonato.
Chi vuole vedere un imponente sforzo produttivo fatto come si deve, la visione e raccomandata, ma non fatevi intimorire dalle 3 ore e 20 di durata, il ritmo regge bene per tutta la sua imponente durata.
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