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Resident Evil. Apocalypse

Regia di Alexander Witt vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Resident Evil. Apocalypse

di giurista81
6 stelle

Sequel del discreto “Resident Evil” che inizia proprio nel punto in cui terminava il primo capitolo. Paul Anderson lascia la regia (anche perché impegnato nel film “Aliens Vs. Predator”) al debuttante Alexander Witt e si dedica alla stesura della sceneggiatura sapendo di disporre di un budget corposo (50 milioni di dollari). I capitali investiti permettono indubbiamente di curare particolarmente gli aspetti visivi. Di fatti si ha una fotografia (voto: 8) patinata affidata al duo Christian Sebaldt e Dereh Rogers e delle scenografie (molto apocalittiche) (voto: 8) che non hanno nulla da invidiare a pellicole più blasonate. Bene anche gli effetti speciali (Alison O’Brien) (voto: 7+) nonostante il massiccio utilizzo di computer grafica che rende meno credibile alcune scene. Migliora anche il make up (voto: 7) con zombie discretamente realizzati e qualche effetto gore (non si raggiungono comunque livelli alti) in più rispetto al primo episodio. Peggiora sensibilmente la colonna sonora stranamente non più affidata a Marilyn Manson (cantante che non apprezzo affatto, ma che era stato capace di comporre una colonna sonora davvero sinistra e sicuramente tra le migliori degli ultimi anni), ma composta da un poco ispirato Jeff Danna (voto: 5=) che non riesce a far ricordare il proprio main theme. Dopo questa premessa sugli aspetti tecnici della pellicola, che potrebbero far pensare ad un discreto lavoro, passo ad analizzare la parte che dovrebbe esser maggiormente curata in un film. Mi riferisco, cioè, alla sceneggiatura (voto: 5,5) che non brilla per originalita' ma ha il merito di saper intrattenere gli spettatori. Paul W. Anderson saccheggia a piu' non posso (non si può parlare di citazioni). Di fatti l’intero film è costituito da sequenze rubate ad un’interminabile serie di film tra i quali “Robocop” (per gli effetti sonori del Nemesis e per le sue particolari armi), “Terminator” (assalto alla specie di poliziotti), “Predator” (Nemesis che non spara ai disarmati; scena ripresa dalla soggettiva dei Lickers; scena all’interno della Chiesa con il poliziotto di colore che indica con la mano ad una collega un Licker: confrontate la scena con quella di “Predator” in cui Bill Duke indica a Carl Wheaters l’alieno), i fulciani “Paura nella città dei morti viventi” (tipo che perde sangue da bocca ed occhi dopo che la mutante lo ha fissato negli occhi) e “Zombi 2” (zombie che escono in massa dalla terra), “Zombi” (tutta la prima parte in cui scoppia il contagio), l’”Alba dei morti viventi” (riprese aeree; correggetemi se sbaglio, scena in cui un civile nutre uno zombie legato ad una sedia), “Matrix Reloaded (Alice che entra in chiesa a bordo della moto passando per una finestra oltre ai combattimenti che qui sono fuori luogo), “28 giorni dopo” (la chiesa infestata di zombi), “Equilibrium” (i poliziotti hanno lo stesso look visto in questa pellicola che a sua volta citava i post atomici di Castellari), “Hellraiser” (il Nemesis ha una faccia che è praticamente la stessa del cenobite che batteva i denti), “Terminator III” (lancio della testata nucleare sulla città), “1997 Fuga da New York” (promessa fatta da uno dei responsabili dell’Umbrella di far uscire dalla città isolata i protagonisti se libereranno sua figlia) e, infine, “Resident Evil” (le scene con i cani mutanti). Se già questo non depone certamente a vantaggio del lavoro di Anderson (il quale forse mette come unico aspetto innovativo, ma temo di sbagliarmi, la presenza delle prostitute zombie che se ne vanno in giro a seni scoperti), la sceneggiatura si rivela indecisa sulla piega da dare al film visto che si parte come un horror movie, poi si piega sull’action movie in stile “sparatutto” ed, infine, si entra nella fantascienza che precedentemente era stata solo accennata. Notevoli buchi di sceneggiatura negli ultimi minuti con personaggi che misteriosamente rispuntano fuori quando sembravano usciti di scena e con un poco indovinato finale (non si capisce perché l’Umbrella attivi un altro programma) che apre le porte ad un terzo capitolo. Cio' detto Anderson anticipa adpetti che saranno ripresi da Romero (giornalista che riprende tutto con la mdp o il prete che tiene ammanettata la sorella). Presenti varie banalità lungo il corso della pellicola (ad esempio è illogico che Alice entri nella Chiesa, quando questa è circondata da un plotone di zombie; nessuno all’interno della città ha un cellulare per divulgare le notizie dell’epidemia; i personaggi spezzano il collo degli zombie e anche dei militari con una facilità paragonabile all’impegno necessario per spezzare un crossino). Il Nemesis che dovrebbe esser il piatto forte della pellicola delude ampiamente le attese e incute meno terrore dei robots della serie fanta-poliziesca “Robocop”. In conclusione ne deriva uno script fracassone esaltato (negativamente) anche dai roboanti effetti sonori e dalle “americanate” con supereroi che sparano all’impazzata, rotolano in aria, combattono stile Bruce Lee (si fa per dire….), si gettano da elicotteri in volo legati alle caviglie con delle corde. Non credo che sia giusto (come ho sentito dire), quindi, addebitare le colpe del risultato finale al regista Alexander Witt (voto: 6.5) che senza impressionare offre comunque una regia più che sufficiente anche se in alcuni momenti si rivela eccessivamente frenetica (ved. il combattimento tra Alice e il Nemesis). Le scene migliori sono quelle in cui il regista inquadra velocemente i vari zombie utilizzando la mdp quasi come una macchina fotografica. Bella anche la scena della caduta dell’elicottero. Il ritmo è sostenutissimo, anche troppo, e questo almeno evita di annoiarsi, purtroppo non c’è un momento di pura tensione e il duo sceneggiatore-regista puntano solo all’effetto sorpresa per impaurire (vedi, ad esempio, l’interessante scena ambientata nel cimitero le cui ottime premesse vengono poi spazzate via da una bruttissima controffensiva degli umani). Interpretazioni fiacche, penalizzate anche da una sceneggiatura che non caratterizza minimamente i vari personaggi (eccezion fatta, forse, per l’attore di colore che dispensa battute, non sempre riuscite, per tutto l’arco del film), con una Milla Jovovich che riesce nell’impresa di risultare antipatica nonostante si presenti divinamente. Da segnalare la presenza di Thomas Kretchmann (lo psicopatico protagonista in “La Sindrome di Stendahl”) che non offre il meglio di sé. Nonostante tutto, si lascia vedere volentieri.

La colonna sonora

Anonima. Voto: 5=

Cosa cambierei

La sceneggiatura, che oltre a possedere vari difetti (alcuni dei quali evidentissimi) è un collage di scene rubate ad altri film. Male davvero.

Alexander Witt

Più che sufficiente anhe se in alcuni momenti risulta troppo frenetica. Voto: 6.5

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