Regia di Richard Fleischer vedi scheda film
“Follow me quietly” sembra l’invito rivolto da un uomo alla sua ossessione: la persecuzione è una buona compagna nell’indagine, nello sviluppo di un’idea, purché, però, si tenga a debita distanza, mentre siamo noi, un passo avanti a lei, a guidare il viaggio. La vorremmo docile come un fantoccio, mentre poco a poco la vestiamo come un manichino e le disegniamo in volto i connotati. Tuttavia ciò non impedisce che, d’un tratto, essa possa acquistare vita propria: allora diventa pericoloso volgerle le spalle. Talvolta è accattivante il gioco in cui i ruoli tra inseguito e inseguitore si confondono, come nella seduzione, come quando la giovane cronista d’assalto, da cacciatrice si trasforma nella preda dell’affascinante poliziotto. Ma questo classico elemento del mélo è solo una nota un po’ più dolce in una melodia desolatamente noir, in cui il giustiziere è un assassino tanto pazzo quanto insospettabile, e la sua opera, insieme all’ombra del peccato, si abbatte, come la pioggia, su ogni cosa, fin negli angoli più nascosti e bui. Il mistero diventa un pensiero cupo ed opprimente quando se ne va in giro per il mondo facendo coppia con la fatalità: se l’insondabile diventa inesorabile il suo potere si fa immenso e scatena crisi profondissime. In fondo è proprio questa la ragione per cui la morte, da sempre, ci tiene saldamente in pugno.
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