Regia di Richard Fleischer vedi scheda film
Nella prima parte è un buon noir, che non strafà ma a cui non manca niente; nella seconda è un film che tiene, però manca di smalto e di vera sostanza.
L'inizio, benché simile a il grande "Il bandito senza nome" di Mankiewicz, è suggestivo, e gli attori ci mettono del loro per dare fascino alla situazione. Anche certe idee di regia, come il supposto strangolamento dell'inizio, sono buone. Anche i ricordi del campo di concetramento giapponese, con l'aguzzino sadico che frusta il prigioniero, sono resi bene: mi è piaciuta in particolare la trovata della fotografia in negativo per rendere l'orrore e la confusione dei ricordi. La donna giapponese che vive sola col bambino è poi un interessante personaggio collaterale. E, come in ogni noir degno di questo nome, c'è una buona sequenza del passaggio a un blocco stradale.
Forse nella seconda parte il regista si concentra un po' troppo sull'azione e meno su quei particolari che rendono un noir affascinante. Forse ci mette meno cura. Il colpo di scena, poi, non è sfruttato a dovere, perché non colpisce lo spettatore come dovrebbe.
In ogni caso, un piccolo film da vedere con piacere.
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