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The Village

Regia di M. Night Shyamalan vedi scheda film

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La recensione su The Village

di Antisistema
9 stelle

Proseguendo nel percorso della scoperta o revisione del cinema di Night M Shyamalan, si giunge a questo fatidico The Village (2004), un film atteso letteralmente da tutta la vita, fin quando da piccolo vidi il trailer in televisione e volevo andarlo a vederlo, ovviamente mi fu proibito dai miei perchè era un horror (o comunque il trailer lo pubblicizzava in quanto tale), ci andarono i miei da bravi ipocriti e al loro ritorno a casa ricordo che sentenziarono in proposito che era una mezza cagata, di lì per anni persi l'occasione di vederlo e anche nei numerosi passaggi televisivi, alla fine non mi è mai capitato di vederlo, in soccorso m'è venuto Disney +, che ha vari film del regista in catalogo avendoli prodotti a suo tempo, compreso questo, colmando finalmente questa lacuna che trascinatasi per quasi 20 anni, con un risultato che a conti fatti ne è valsa l'attesa, confermando ancora di più di come la critica americana non abbia mai capito nulla del cinema di Shyamalan (ma probabilmente di tutto il cinema in generale anche, ma non voglio andare troppo fuori tema). 
Un villaggio circondato da un fitto bosco da tutti i lati ad inizio 1800, così citano le date sulle tombe dei defunti, che ci aiutano a capire immediatamente l'ambientazione dove si svolge la vicenda, The Village è un'opera con una cesura in due parti, dove nella prima facciamo conoscenza della comunità del luogo, tra cui la giovane non vedente Ivy (Bryce Dallas Howard), il ribelle anticonformista Lucius (Joaquin Phoenix ed il matto del villaggio Noah (Adren Brody) affetto da patologie mentali, venendo introdotti alle tradizioni, i simbolismi, il significato di taluni colori (rosso e giallo) e la regola tabù; ovvero l'impossibilità da parte di ogni abitanti del posto di poter attraversare il bosco per poter andare nella città vicina, causa esseri mostruosi che dimorano in esso, da loro chiamati le "creature innominabili", con cui gli anziani del villaggio sembrano aver stretto anni addietro un patto con tali entità, promettendo di non addentrarsi nel bosco in cambio della non aggressione da parte di costoro verso il villaggio, mentre nella seconda parte assistiamo alla messa in discussione di tale tabù, dopo che dapprima Lucius varie volte aveva chiesto invano agli anziano il permesso di poter attraversare il bosco e poi da parte di Ivy, decisa a procurarsi le medicine necessarie per poter salvare l'amato promesso sposo. 
Il tono gotico-fiabesco si evince sin dalle prime battute e dalla costruzione scenografico-costumistica perfetta di tale luogo, Shyamalan con The Village trova le radici della propria opera, nelle fiabe dei fratelli Grimm, con l'archetipo del mostro come elemento pauroso da instillare nelle menti dei più giovani, per forzarli inconsciamente a restare per sempre in quel villaggio, senza che possa nascere in loro alcun desiderio di evadere da tale realtà, cosa che Lucius constata con gran perplessità, essendo a conti fatti poi l'unico per gran parte del film a voler infrangere tale tabù, per l'intrinseco desidero umano di voler uscire dal proprio luogo natio e far parte della vastità del mondo, indole che invece gli anziani sin dall'infanzia tramite gli insengamenti scolastici, vogliono reprimere strenuamente. 

 


E' molto complicato parlare di The Village, senza fare menzione dei twist plot e soprattutto dell'eccellente finale, che funge da chiave di lettura ulteriore dell'intera pellicola, ponendosi come metafora della nazione americana post-11 Settembre (ma con una lettura evolutiva può essere la paura contro la globalizzazione, lo straniero, il male di vivere etc...), chiusa in sè stessa ed ostile ad ogni influsso esterno, visto come minaccia al proprio status quo, scegliendo consciamente di farsi togliere vari diritti e libertà (Patriot Act), pur di vivere serenamente in tranquillità contro ogni tipo di potenziale minaccia esterna; un ignoto che il sistema ci dice essere pericoloso, un'assioma calataci dall'alto senza che possa venire messo in discussione in alcun modo, in un prendere o lasciare senza possibilità di replica alcuna. 
L'arma psicologica è la più potente, questo basta a spiegare del perchè la figura dei mostri, riesca benissimo a paralizzare l'indole umana, ma il bisogno di trovare un proprio posto nel mondo quanto soprattutto l'amore di una giovane ragazza nei confronti del proprio amato, che rischia di morire, risulta superiore ad ogni condizionamento, non è un caso che Ivy, la ragazza cieca, sia quella colei che sfida frontalmente il divieto, perchè ha una percezione alternativa della realtà, tramite il suo handicap. Shyamalan con The Village tocca l'apice di tutto il suo cinema, con una regia oramai perfetta e depurata da tutti gli elementi commerciali nella costruzione della tensione, palpabile e latente in tutto il film, dove gli basta anche l'ignoto buio a perdita d'occhio con sole le torce del villaggio a fare da luce, per creare la paura nello spettatore, perchè l'archetipo del bosco è un'immagine che in mano ad un regista capace, genera inquietudine perchè cela la vista, solo la spinta di una forza ancora più forte come l'amore per l'altro da parte di Ivy, può fungere da contraltare per affrontare apertamente il terrore, scoprendo che quello di cui abbiamo paura è solo l'idea stessa del terrore, tra l'altro esasperato ed alimentato in modo esasperato da fonti esterne, ritornando quindi al discorso fatto in Signs in chiave più satirica, mentre qui il registro da dramma in costume non viene mai meno da parte del cineasta, che depura il suo stile ed il suo estro, senza rinunciare alla manipolazione nei confronti dei personaggi e dello stesso spettatore, che identificandosi con il punto di vista di Ivy, per 3/4 di film crede come lei a tutto ciò che gli viene detto, per questo motivo non può che restare spiazzato dal ribaltamento finale, che gli sbatte in faccia non solo il meccanismo horror-non horror, ma anche la propria stupidità nel lasciarsi ingannare, per poi rifiutare la realtà delle cose perchè non corrispondente ai desiderata filmici-reali fattasi nella propria testa, quindi il twist plot del regista ha varie chiavi di lettura, partendo da quella meta-cinematografica oramai assurta totalmente in primo piano, già da The Signs; se Ivy per via della sua condizione di handicap perpetuerà l'inganno inconsapevolmente, un filo di speranza finale per uno scopo effettivo nel mondo, permane, perchè lo sguardo di Shyamalan è sempre fortemente umanista. 

 

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