Regia di M. Night Shyamalan vedi scheda film
siccome dal regista del sesto senso siamo abituati a trovarci di fronte al sorpresone finale se non a due o tre di fila, anche in the village ci si aspetta prima o poi una resa dei conti alla m. night shyamalan. il sesto senso è il più famoso e ormai lo ricordo poco. di questa ondata mi era piaciuto molto il successivo unbreakable, dove samuel l. jackson dava un'interpretazione sublime. anche signs con gibson non mi era dispiaciuto, rovinandosi clamorosamente nella seconda parte e nel finale. in the village sono nell'incombente attesa di questo espediente coinematografico, con la speranza che non rovini un film che nasceva progressivamente e sapeva splendidamente creare un'ansia e una tensione che pervadeva anche il mio sguardo, che realizzavo essere sempre corrucciato. per quanto mi riguarda il film vince la scommessa. vince la scommessa perchè se il primo anticipo di finale mi aveva fatto gridare alla delusione, non mi ha permesso nemmeno di formulare la parola delusione per intero mentalmente, perchè c'è un crescendo che porta direttamente ad aprire una di quelle scatole nere memore di chissà quale ecatombe e alla disperata quanto paradossale avventura di ivy verso la città. tutto torna nell'ultimo film di shyamalan. nulla è paradossale tanto meno il viaggio della ragazza cieca. se non vede, mai saprà e probabilmente così come potrebbe far suscitare pietà da parte delle creature innominabili, forse la farà suscitare anche negli abitanti della città, permettendole di tornare incolume nel villaggio. non si può sfuggire al dolore dice brendan gleeson. non potranno mai sfuggirlo, nè gli anziani del villaggio, che quell'insediamento hanno fondato, nè i figli di questi che in quel villaggio dovranno o almeno dovrebbero vivere per trovare salvezza e pace nonchè redenzione da una città dai quali i loro genitori sono fuggiti. e se il pubblico insieme ad ivy viene a conoscenza del segreto custodito nella casa proibita, di modo che una volta giunta in città pensi solo a recuperare le medicine per curare lucius, i giovani vivono invece nel terrore delle creature innominabili che vivono i boschi intorno al villaggio. un terrore che attanaglia gli stomaci e costringe gli occhi a vedere orrori e le recchie sentire rumori e versi animaleschi che non esistono. ivy quindi dovrà avere la forza di sopportare anche questo segreto, un segreto che ho guardato con occhi innocenti, quasi vergini, come tendo a vedere la maggior parte dei film che vedo, che amo o che odio. e alla visione di ciò che la scatola nera di william hurt, mi ha pervaso un senso di pena e pietà per quella comunità anziana ferita, che come un animale si è ritirato nei boschi per leccarsi la ferita e guarire. ancora più pietà per quella speranza di trovare pace e un puro senso dell'esistenza isolandosi dal mondo "civilizzato" con l'illusione così di preservare il loro bene più prezioso dagli orrori della città. creare un mondo di creature antropofaghe da una leggenda popolare, facendolo abitare da colori da vestire e portare e altri che nemmeno si devono guardare. per quanto tempo i giovasni potranno "godere" di questo mondo edulcorato, vivendo nel terrore di un mondo così piccolo e circoscritto, amandosi tra di loro, arrivando a sposarsi e procreare tra fratelli e sorelle. ci sarà prima o poi un prode che stanco varcherà i confini delineati dalle bandiere gialle e andrà alla scoperta del mondo. c'è chi ha detto che la terza guerra mondiale si combatterà con le clave(l'ho letto da qualche parte). gli anziani del villaggio si sono rifugiati feriti e amareggiati in una comunità pre rivoluzione industriale, e quel reperto fotografico custodito nella scatola nera da william hurt fa corrucciare gli occhi, non ti fa stare comodamente seduto sulla poltrona. un film che dipinge bene gli umori della società in cui si vive.
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