Regia di Jennifer Abbott, Mark Achbar vedi scheda film
Soffermarsi su aspetti tecnici cinematografici è superfluo, infatti la finalità di questo film non è divertire lo spettatore ma informarlo, tramite intelligenti passaggi logici, su tutti quegli aspetti negativi che la realtà economica industriale ha portato nella nostra vita. E qui il discorso si fa veramente complesso e lungo, ma si può riassumere così: sappiamo che le aziende perseguono il profitto, dato dalla differenza dei ricavi sui costi, ebbene grazie all’ignoranza ed alla indifferenza di molti ed a lacune legislative, i costi sono sottostimati, e fatti gravare sulla collettività intera sotto forma di inquinamento, malattie, sfruttamento, licenziamenti, insomma tutti gli aspetti denunciati nel film. In questo modo si realizza un utile artificioso ed iniquo (da cui solo pochi traggono lucro ai danni di tutti) in quanto se si contabilizzassero questi costi occulti la gestione aziendale sarebbe fallimentare. Infatti c’è da chiedersi se il risultato generato dal consumismo sfrenato possa veramente definirsi un “benessere” e se non si siano altri valori immateriali che diano maggior appagamento all’essere umano. Certo le condizioni di vita sono migliorate rispetto a secoli fa, ma esasperando il sistema capitalistico, si genera una regressione della qualità della vita e le dimostrazioni sono tante e non sto ad elencarle. A questo punto deve intervenire lo Stato con le sue leggi a disciplinare l’attività di un essere “insano di mente” quale la società di capitali o meglio la corporation dove l’astrattezza e la minore responsabilità economica del soggetto giuridico le rendono molto aggressivo ed eccessivamente "disinibito".
Per concludere voglio sottolineare che l’analisi posta dal film non è suscettibile di valutazioni politiche di destra o di sinistra: è un sistema da correggere per la salute del genere umano che prevarica qualsiasi faziosità o schieramento ideologico.
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