Regia di Joel Coen vedi scheda film
“Il mondo è pieno di persone scontente, perche purtroppo nessuno è mai soddisfatto di quello che ha, puo essere infelice anche il Papa, o il Presidente degli Stati Uniti o l’uomo dell’anno, non sempre il potere appaga l’animo umano…perciò io vi dico, lamentatevi con i vostri amici, chiedete loro aiuto e vedrete che intorno a voi si farà il vuoto, dicono che in Russia invece ognuno cerchi di aiutare il prossimo, ma forse è solo una teoria, comunque qui è molto diverso…qui siamo in Texas…dove ogni uomo pensa soltanto a se stesso.”
Il noir è il colore della passione, del tradimento e dell’omicidio, di donne pronte a tutto e di uomini nascosti nell’ombra, ma è soprattutto il colore della sconfitta e del fato beffardo, perché il destino si prende gioco di tutto e tutti, si diverte a costruire intrecci complessi e inestricabili, trame che si rincorrono nella notte e che alla fine non portano da nessuna parte, il noir è come una corda che ti stringe la gola, e più ti muovi più la corda si stringe, alla fine ti manca l’aria e ci resti secco, senza nemmeno sapere il perché.
Certamente i fratelli Coen si meritano un posto tra i grandi del cinema, ma è troppo facile dirlo oggi, dopo la consacrazione di Non è un paese per vecchie i capolavori Fargo, Il grande Lebowski e L’uomo che non c’era, non scopriamo oggi l’originalità e la grandezza del loro cinema, ma per la miseria, un esordio cosi straordinario chi se lo aspettava?
Io no di certo, perché Blood Simple è film da vero colpo di fulmine, un opera non solo narrativamente dirompente ma anche divinamente girata, anticipatrice di influenze, stili e tematiche poi riprese negli anni successivi, una pellicola che si può tranquillamente considerare il fratello maggiore di Non è un paese per vecchi.
La rilettura di un genere non è operazione delle più semplici, certo non si direbbe a vedere il lavoro impeccabile dei fratelli di Minneapolis, il noir attualizzato e rivisitato con stile unico e inimitabile, traslato in una anonima cittadina del Texas, dove troviamo un marito tradito che cerca vendetta, una dark lady vestita da campagnola, un bellimbusto che ci casca con tutte gli stivali (perché ogni lasciata è persa), e un investigatore privato che fa il furbo ma che alla fine cede il passo, perché il destino non si batte, sta sempre un passo avanti.
Quattro figure nel labirinto del fato che come topi impazziti corrono disperati, cercano l’insegna con scritto exit ma nessuno la trova, non esiste uscita nel gioco al massacro messo in piedi dai Coen, una volta che la partita inizia va portata a termine, non importa a che prezzo.
Julian Marty (Hedaya) è proprietario di un locale dove lavora il belloccio Ray (Getz), lo stesso Ray che se la spassa con l’apparentemente innocua Abby (McDormand), moglie del succitato Julian, quando il nostro scopre la tresca incarica il viscido e pericoloso Visser (Walsh) di fare giustizia, due cadaveri per diecimila dollari, sembra un buon affare.
Visser tenta il colpaccio, una facile scorciatoia per ottenere il massimo rischiando il minimo, il trucco però non funziona, ma anzi innesca una trappola mortale che porta all’autodistruzione di tutte (o quasi) le pedine in campo, perché il soggetto firmato dai Coen omaggia i classici del passato e quindi si fa beffardo giocando con le coincidenze e le sorprese, senza ironia se non quella generata dal caos.
E se lo scritto sorprende per la capacità non comune di raccontare storia e personaggi, la regia letteralmente ci illumina, con quello stile cosi particolare che nel tempo troverà definitiva consacrazione, con le carrellate sinuose, i primi piani indagatori, l’attenzione ossessiva per i particolari, che diventano poi essenziali frammenti di morte.
E cosi abbiamo la pistola con l’impugnatura di madreperla, solo tre proiettili su sei disponibili (basteranno per la carneficina), l’accendino di Visser perduto malamente, le ventole sul soffitto che inesorabilmente girano (e girano), la pala che struscia sull’asfalto e che sotterra un morto vivente.
Massima attenzione per il dettaglio quindi, ma senza perdere di vista il racconto e i suoi tempi, tutta la prima parte è preparatoria, lo spettatore cerca di capire chi sono i buoni e chi sono i cattivi, dimenticando che nel noir non esistono distinzioni cosi nette, poi di colpo l'accelerata improvvisa, un colpo di pistola nel cuore della notte, un morto che non è ancora morto, una foto compromettente chiusa in cassaforte, un amante ingenuo che si trova nel mezzo e che d’istinto prende la sua decisione, è l’inizio della fine.
Opera prima di straordinaria bellezza, omaggio e rilettura sentita di un genere, Blood Simple presenta in forma compiuta le grandi potenzialità dei Coen (tutte mantenute), perché un film del genere all’esordio lo girano in pochi, perché nella sequenza dell’occultamento del corpo, con quella pistola che spara tre volte a vuoto sono quasi venuto, un orgasmo che è invece esploso nel finale, vittima e carnefice a confronto, colpi nella notte, mani che vagano nel buio trovando coltelli saettanti, pistole che sparano a vuoto e un unico proiettile (l’ultimo dei tre) che fa centro, mettendo fine a tutto, c’è solo il tempo per guardare una goccia d’acqua che cade, irriverente e beffarda, crudele come la vita.
Voto: 8.5
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