Regia di Joel Coen vedi scheda film
O dell'incomunicabilità. Gli americani hanno questo grosso difetto: non si parlano. Non solo non si confidano, ma non comunicano nemmeno le banalità. La pellicola è quindi una commedia tragica degli equivoci, e in verità ha pure un vago sapore shakespeariano, e qualcosa di musica classica, con un crescendo di violenza paragonabile a quello di un'orchestra sinfonica. Non si cerchi la verosimiglianza in questa vicenda, si sparacchia a destra e a manca, la gente muore come le mosche ma in tutto il film non c'è uno straccio di poliziotto che sia uno. Il messaggio è pessimismo cosmico, dichiarato all'inizio a chiare lettere: ognuno per se e se chiedi aiuto a qualcuno, nessuno ti darà una mano. Qua e là ci sono barlumi, sprazzi di umanità, ma vengono regolarmente soffocati dalla filosofia imperante. Ci sono delle vere raffinatezze di regia, qua e là, tanto per ricordarne un paio, il giornale che volteggia in aria e sbatte contro il vetro della finestra e l'inquadratura alla fine della parte inferiore del lavandino con la goccia d'acqua che finalmente cade. Il soggetto è intricato assai e ricorda un po' il Bardo di Stratford On Avon, le idee sono molte, la fotografia non è strepitosa, anche se felice in alcuni passaggi, buona sceneggiatura e montaggio. Un piccolo passo per il cinema, un grande balzo per i fratelli Coen.
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