Regia di Raffaello Matarazzo vedi scheda film
Un conte ama ricambiato una ragazza povera; la madre di lui fa di tutto per separarli. Quando ci riesce, la ragazza è incinta, ma nessuno tranne lei lo sa. La madre riesce però a sottrarle il figlio e lei, credendolo morto, si chiude in convento. Quando il conte la ritroverà, sarà troppo tardi: lui si è risposato e lei ama ormai solo Dio.
Raffaello Matarazzo dietro la macchina da presa, Amedeo Nazzari e Yvonne Sanson davanti: il melodramma è servito. In questo particolare caso, oltretutto, si tratta di un drammone a tinte scurissime, con finale perfino straziante, che arriva però solamente dopo una lunga e articolata catena di disgrazie, presunte morti, separazioni dolorose, soprusi gratuiti e via dicendo. La sceneggiatura di Aldo De Benedetti, tratta da un’opera teatrale di Ruggero Rindi e Vittorio Salvoni, non risparmia nessuno: il quadro della varia umanità ritratta in questo film è davvero sconcertante, desolante. Esattamente 30 anni prima (1921) Ubaldo Maria Del Colle aveva già girato la sua versione de I figli di nessuno, mentre per quella di Bruno Gaburro, sempre con il medesimo titolo, bisognerà attendere il 1974. Naturalmente è comunque il titolo di Matarazzo ad avere la meglio e a essere rimasto impresso nell’immaginario cinematografico collettivo; vanno riconosciute la buona tenuta narrativa e la sufficientemente solida caratterizzazione sul piano psicologico dei personaggi, per quanto, chiaramente, siano tutti improntati alla monodimensionalità o quasi. L’intrattenimento è garantito, la lacrimuccia finale pure; altro non c’è, ma non era neppure negli obiettivi di partenza del lavoro. Fra gli altri intepreti sulla scena: Folco Lulli, Françoise Rosay, Alberto Farnese, Gualtiero Tumiati, Enrica Dyrell, Olga Solbelli e Teresa Franchini. 4,5/10.
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