Regia di Raffaello Matarazzo vedi scheda film
Lui ama lei. Lei ama lui. La mamma di lui non sopporta lei e manda lui in giro per lavoro. Lei viene cacciata dallo scagnozzo della mamma e partorisce il figlio di lui. Il pargolo viene rapito dalla mancata suocera. La ragazza si fa suora. Lui torna e si dispera perché la crede morta. Poi si sposa ed ha una figlia. Il pargolo è cresciuto in collegio, da cui vi scappa per andare alla ricerca delle sue radici. Oh, il melodramma! Matarazzo allo stato puro e brado. Fiera dei sentimenti più ricattatori e melensi, messi in scena in modo irresistibile e travolgente. In un’inarrestabile ascesa in cui si incontrano il romanzo d’appendice e il racconto d’avventura, il romanticismo e il finto giallo (di cui si conosce già il colpevole: la vecchia ed arcigna mamma), Matarazzo, supportato da una sceneggiatura pressoché perfetta per il genere di Aldo Benedetti, dà lustro alla stagione del cinema strappalacrime con energia e violenza intellettuale (è anche un feroce ritratto sulla altaborghesia ipocrita e votata alle convenzioni sociali: da antologia la mogliettina che urla “è tuo figlio!”), portando nelle sale cinematografiche orde di spettatori. I quali versarono valli di lacrime di fronte a questa storia in cui è umanamente impossibile non piangere. Vorrei citare una scena, forse non immediatamente strappalacrime, ma struggente: l’incontro tra il bambino e la suora, ossia sua madre. Ignorano le proprie identità, ma c’è qualcosa tra di loro che scatta: una scintilla di anomala commozione. E poi il finale scontato, sì (a dire il vero ci sono anche alcune parti involontariamente buffe), prevedibile e calcolato nelle emozioni. Ma quante lacrime, signora mia.
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