Regia di Michel Gondry vedi scheda film
Non c'è vita senza memoria. Privarsi o ed essere privato del ricordo, equivale a morire. Che lo si faccia, per assurdo, volontariamente o meno; il percorso è tanto più doloroso quanto è consapevole. Ed allora il protagonista ripercorre il tunnel di luce, vive i flashback della vita passata per un'ultima volta, passa su quei ricordi abbandonandoli e perdendoli, in un sogno che dura una notte ma dentro il quale i tempi si dilatano all'inverosimile com'è normale che sia. Talvolta però la coscienza si risveglia, si rende conto della realtà onirica e prova a modificarla: così il passato e il presente si mescolano e il livello comunicativo cambia impronta. La mente, inevitabilmente, rifiuta l'autodistruzione e cerca la fuga che nel sogno prende la forma del profondo buio prima del risveglio, nella morte quella di una luce calda oltre la quale ci attendono i cari. Ed è questa sottile sfumatura a fare la differenza tra un film romantico, quale questo è, ed uno drammatico.
L'amore vince sempre, su tutto. Non è forse la morale più abusata nel mondo cinematografico? Ed allora la differenza tra un buon film ed uno mediocre, cosa la fa? Semplice, il modo di dirlo. In questo "modo" è inclusa la sceneggiatura e spesso gli attori con la loro bravura. Questo film, propone tale messaggio ma lo fa con un linguaggio molto articolato ed avvalendosi di due interpreti in stato di grazia. Inserendo questa morale tra le righe, tra fughe tortuose all'interno della memoria, tentando di salvare l'amata da un immaginifico cancellino attivato durante la veglia, il protagonista accompagna lo spettatore verso un prevedibile finale. La morale, dunque, è chiara ma non ci si ferma a questo. Il furto d'identità, la realtà parallela costruita nella mente del protagonista, la psicanalisi di fondo che suggerisce luoghi nascosti ed oscur(at)i della mente, l'osservatore esterno incapace di determinare totalmente il flusso di pensieri, l'ineluttabilità del destino e tante altre pillole di pensiero sparse ovunque, rendono questo film un grande caleidoscopio, un monolite dalle infinite screziature, in grado di suggerire pensieri allo spettatore senza mai svelarli totalmente. La mente è in continua elaborazione per i temi suggeriti e per quelli potenziali ed il gioco della fantascienza da il colpo di grazia, spiazzando lo spettatore, portandolo a far filosofia pur senza volerlo. Geniale, contorto ed elaborato ma armonico allo stesso tempo; un gran film.
Semplicità insormontabili - 39 storie filosofiche è una raccolta di storie filosofiche scritte da Roberto Casati e Achille Varzi (Wikipedia). Ora le storie assommano a 40, con il contributo video, non indifferente, di Michel Gondry. Come nell'ottimo libro di Casati e Varzi, infatti, anche qui si parte da un presupposto verosimile (a meno di qualche piccola licenza) per indagare sull'animo e la natura umana, per forzare domande che generino risposte utili ad altro. In fondo non è anche quello il problema? Porsi la domanda giusta. Come suggerisce nella Guida galattica per autostoppisti, Douglas Adams, non ha senso avere la risposta alla domanda fondamentale della vita se non si conosce la stessa domanda. Ed allora tanto vale inventarsela una domanda. Chiedersi cosa accadrebbe se. Un piccolo saggio filosofico in forma multimediale, ecco cos'è Eternal Sunshine of the Spotless Mind. Stimola, incuriosisce e lascia lo spettatore al margine della sua stessa anima e del suo disgregarsi.
Ottimi gli attori, buona la regia (a tratti forse troppo cupa), originale la trama. Consigliatissimo. Voto: 8,5/9.
A livello drammatico è indiscutibilmente la sua prova migliore. Vedendolo altrove, però, sorge il dubbio che il successo di quest'interpretazione sia da ricercare anche in un ritrovarsi dello stesso Carrey nel personaggio del film.
E' brava, troppo brava. Non le si può rimproverare nulla, da vita ad un personaggio altamente instabile e psicologicamente articolato con una naturalezza impressionante.
Ruolo marginale, non spicca decisamente.
Vedi Wood.
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