Regia di Fatih Akin vedi scheda film
Un crescendo di autodistruzione, nichilismo e perdita di freni inibitori: tutto ciò che può rendere difficile una vita già di per sè tribolata non manca in questa bella pellicola. Forse calcando un pò troppo le mani (e togliendo, in altri frangenti, troppo presto il piede dall'accelleratore) si sale sulle montagne russe di due vite ai margini che si incontrano (e si scontrano) nel vano tentativo di trovare un senso ad esistenze quasi naturalmente destinate ad implodere su se stesse. Quando arriverà la redenzione non sarà all'unisono, come in un'orchestra dove qualcuno rimane indietro di un paio di battute nella partitura, ma ognuno troverà la sua salvezza vuoi nello smettere i panni del suicida a piccole dosi, vuoi nel togliersi dalla scomodo ruolo di donna di una famiglia islamica ma con una vita non certo morigerata. Forse proprio questa dissonanza così palese tra il prima ed il dopo è l'unica nota stonata del film, per il resto tutto gira a meraviglia ed anche i continui ribaltamenti nei ruoli e nelle esperienze dei due protagonisti sono ben calibrati, aiutati da due attori in stato di grazia.
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