Regia di Fatih Akin vedi scheda film
Sibel e Cahit sono ambedue turchi e si conoscono in una clinica psichiatrica di Amburgo: entrambi sono scampati al suicidio. Sibet chiede a Cahit di sposarla: soltanto così riuscirà ad evadere dalle regole anguste e ferree che la famiglia musulmana le impone. Cahit dapprima non ne vuole sapere, quindi accondiscende alla messinscena dove i patti sono chiari: nessun obbligo coniugale per i due. Il problema è che Sibet è irrequieta e che Cahit si innamora di lei: per tutelarla dalle ingiurie dell'ennesimo seduttore, arriva a un gesto violento che gli costa il carcere. Una volta fuori dalla galera, Cahit non ha altro desiderio che quello di rifarsi una vita con Sibel: la raggiunge a Istanbul - dove lei nel frattempo si è sposata ed ha avuto una figlia - e fuggono via insieme alla piccola.
Il tema del contatto tra culture, del fondamentalismo religioso e il registro "maledetto" della trama devono avere impressionato molto la giuria di Berlino, che infatti ha conferito al film il massimo alloro. Onore forse eccessivo per un film che spinge moltissimo sul pedale dell'esagerazione, che esce spesso dal perimetro di un credibile realismo e riecheggia molte altre storie maledette a sfondo sentimentale (l'impronta fassbinderiana è visibile) con la sola aggiunta del tema del multiculturalismo.
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