Regia di Garry Marshall vedi scheda film
"Dal regista di Pretty woman". Questa frase di lancio rischia di diventare una maledizione per Garry Marshall. L'inevitabile richiamo al suo film più famoso e fortunato, ma non il suo migliore (che resta il malinconico "Paura d'amare" con la splendida coppia Pfeiffer/Pacino), è un irresistibile specchietto per le allodole, sfruttato puntualmente e ad libitum dalle case distributrici dei suoi film, nella speranza, peraltro vana, di attirare pubblico. Peccato infatti che i tempi dorati e magici di quel successone paiano ormai remotissimi ed il regista da anni inanelli banalità a iosa. Dopo il modesto ed infantile dittico composto da "Pretty Princess" e "Principe azzurro cercasi", Marshall firma una commedia sentimentale e di formazione (il titolo originale "Raising Helen" è ben più illuminante di quello italiano) incredibilmente piatta, asfittica ed appassita, dalla ingiustificata ed ingiustificabile durata di quasi due ore che risultano interminabili anche per lo spettatore meglio disposto ad accettare romanticismi e carinerie varie assortite. Il consueto ed iper sfruttato tema della difficoltà di conciliare famiglia e carriera per una donna moderna viene trattato in modo approssimativo, semplicistico e scontato, con una morale finale da brividi, talmente zuccherosa, sfacciatamente disneyana (il film non a caso è prodotto dalla major di Topolino) e prevedibile da risultare indigesta e stucchevole. Il ritmo è soporifero, la messa in scena da sit com (mancano solo le risate preregistrate, ma forse non ci sono per il semplice fatto che le occasioni per ridere sono del tutto assenti, a meno che si consideri divertente la vicina di casa Nilma che interviene ogni volta che Helen si trova in difficoltà, per esempio cacciando da casa di Helen, con un mattarello, gli amici un pò buzzurri e bulletti di Audrey, la maggiore e più problematica dei nipoti che sono stati affidati alla protagonista, altra sottotrama dai risvolti tutt'altro che esaltanti ed originali), la parentesi sentimentale tra Helen ed il pastore luterano Dan posticcia, i litigi tra sorelle, quasi per dare un tocco di melodramma, sguaiati e fuori luogo. La perfetta alchimia tra sorriso e pianto, allegria e malinconia, che era il punto di forza di "Pretty Woman" e "Paura d'amare" resta una lontana utopia, così come la freschezza e la leggerezza di quei film. Qui tutto appare pesantissimo e macchinoso, lento, didascalico e faticoso, causa una sciagurata e sfiancante sceneggiatura firmata dai mediocri Jack Amiel e Michael Begler, già responsabili dei risibili e anonimi copioni di "Principe azzurro cercasi" e "Shaggy dog". Gli attori poi sono annoiati e spaesati: su tutti Helen Mirren sprecata in un ruolo che sembra anticipare quello di Meryl Streep ne "Il diavolo veste Prada" (basti vedere la sequenza in cui il suo personaggio entra in ufficio) e la solitamente brava Joan Cusack nei panni della sorella della protagonista, perfettina, perennemente imbronciata ed isterica oltre che un pò invidiosa. Kate Hudson è brillante, spiritosa e vispa ma se continua a buttarsi via così, rischia di rimanere intrappolata a vita in queste pietose e lancinanti commedie romantiche, poco ispirate e spesso ripetitive che si somigliano tutte tra loro e non lasciano mai il segno. Certo con tutta onestà bisogna ammettere che alla madre Goldie Hawn capitavano sotto mano copioni ben più maturi ed incisivi (si pensi soltanto al film che le è valso l'Oscar come non protagonista, "Fiore di cactus", a fianco dei mostri sacri Walter Matthau e Ingrid Bergman). Piccola parte per la casalinga disperata Felicity Huffman (è la sorella che lascia i suoi tre figli a Helen) e per Hector Elizondo, presente in tutti i film di Garry Marshall, qui nei panni del titolare della concessionaria di auto in cui temporaneamente si trova costretta a lavorare la protagonista. John Corbett era il protagonista de "Il mio grosso grasso matrimonio greco" ed appare particolarmente imbolsito. Nell'unica sequenza relativamente simpatica (quella in cui la piccola Sarah manda all'aria una sfilata di moda) si intravedono Sophia Loren e Paris Hilton. Gustosa la battuta che Helen pronuncia, seduta sconsolata sul divano e divorando pop corn, subito dopo avere perso il lavoro: "Le repliche sono la cultura dei disoccupati". Su un altro curioso dialogo resta il dubbio se l'idea sia dei doppiatori italiani, non avendo visto la versione originale. Alla domanda del pastore Dan che le chiede se sappia cosa sono i vespri, Helen, che nel presentarsi alla scuola si era spacciata come una luterana convinta e praticante, replica dubbiosa: "Sono dei motorini?". Al di là di questo però, resta un film altamente convenzionale, stanco, inutile, in cui tutto accade proprio...quando te lo aspetti. L'ennesima, triste, conferma dello stato comatoso della commedia americana. Come scritto da più parti sarebbe stato perfetto come episodio pilota di una nuova serie tv. 40 milioni di dollari al box office americano, meno di 300.000 Euro a quello italiano (un autentico flop) dove è stato distribuito dalla Medusa. Girato nelle stesse strade di New York (Queens) di Spider-Man e Può Succedere Anche a Te. Durante le riprese il regista Garry Marshall continuava a chiamare Kate Hudson con il nome di Goldie, confondendola con la madre con cui aveva lavorato in Una Coppia alla Deriva. L'errore è durato talmente tanto che la troupe ha istituito una multa con la quale hanno finanziato il party di fine riprese.
Voto: 4
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