Regia di Guillermo Del Toro vedi scheda film
Prima che il cinecomic andasse incontro a una deriva politically correct (guerre incivili comprese), il cattivo della storia era l’elemento che elevava o meno l’opera. E poi c’erano opere in cui il supereroe era il cattivo stesso, il male puro. Questo è Hellboy: educato a fare del bene, ma destinato a portare distruzione.
Prima che il cinecomic andasse incontro a una deriva politically correct, con cattivi praticamente scomparsi (le ultime guerre incivili) o completamente anonimi (Ultron), c’era un tempo in cui il cattivo della storia era l’elemento che elevava o meno l’opera a qualcosa di più di una semplice giostra, colui il quale metteva in discussione la presunta alta moralità del supereroe, rendendolo fallace quanto il villain stesso. E poi c’erano opere (pochissime) in cui il supereroe era il cattivo stesso, il male puro. Una di queste è il deltoriano Hellboy, ispirato all’omonimo fumetto indipendente di Mike Mignola. Sono evidenti i difetti (qualche personaggio approssimativo e una certa banalità nello sviluppo della trama, colpi di scena annessi), ma limpidi appaiono allo stesso tempo i pregi: un protagonista davvero fuori dagli schemi, educato a fare del bene e destinato a portare la distruzione, irriverente, orgogliosamente infantile, romantico nonostante l’aspetto funereo; l’enorme fantasia visiva che, nel momento in cui acquisirà libertà espressiva, produrrà il fantastico sequel The Golden Army, un vero capolavoro del genere; Ron Perlman; la messa in scena di Del Toro, sempre posata, mai virtuosa. Cultura pop all’ennesima potenza. Altro che Transformers.
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