Regia di Stelvio Massi vedi scheda film
Con la sponsorizzazione fin troppo evidente della Pellicceria Annabella, e con la partecipazione usuale degli alcolici, tra i quali primeggia il solito J&B, ma fa capolino anche il mitico Ebo Lebo Ottoz, Stelvio Massi (1929-2004) imbastisce un film tutto sommato valido, insolitamente ambientato nella tranquilla Pavia, che qui viene dipinta come una specie di capitale del vizio. C'è addirittuta un Marsigliese che organizza una rapina, alle costole del quale si pone un disincantato ispettore dell'Interpol al cui il criminale anni prima ha ucciso la moglie.
Il film di Massi ha buoni momenti, tanto da ricordare i lavori migliori di Fernando Di Leo ("Milano calibro 9"), cui contribuisce, insieme alla fotografia particolarmente curata (Massi era stato un buon cinematografaro) di Sergio Rubini, anche la presenza magnetica di Gastone Moschin, qui nella parte di un criminale tubercolotico e senza scrupoli. Tomas Milian, reduce da parecchi spaghetti western di valore, se ne ricorda nel finale, che del duello tra pistoleros ha tutto tranne che l'ambientazione. I comprimari sono all'altezza, compreso Mario Carotenuto in una parte seria (sottolineata dall'assenza degli emblematici occhialoni a culo di bottiglia), con l'esclusione però di Stefania Casini, che interpreta una macchiettistica "pupa del boss". Un po' posticcia l'inserzione nella storia del malavitoso interpretato da Enzo Andronico, interpolato forse per aumentare la dose di sangue sparso.
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