Regia di Giuseppe Piccioni vedi scheda film
Il cinema che parla del cinema. Gli alti e i bassi di una relazione sentimentale. Le due tracce - forse banalizzate, ma bene o male sono queste - da cui parte La vita che vorrei non splendono certo per fantasia; tuttavia è il modo in cui Piccioni (anche sceneggiatore, insieme a Gualtiero Rosella, già collaboratore in passato, e a Linda Ferri) le fa intersecare, che rende l'opera interessante e significativa. Perchè così come Stefano e Laura rappresentano due mondi differenti e due maniere complementari di affacciarsi al rapporto amoroso, i due amanti sotto forma di attori divengono due entità differenti e complementari in quanto ad approccio alla recitazione, all'universo a sè stante della finzione. La determinazione di lui trova il giusto contraltare nella spontaneità di lei, così come il primo è affermato e quindi sicuro di sè, la seconda non ha certezze - neppure su sè stessa - e vive 'alla giornata' sia l'amore che il cinema. Piccioni è uno dei rari esempi virtuosi di un cinema italiano moderno e misurato, che non ricorre ad eccessi drammatici o a facili stereotipi e che riesce comunque a lasciare impressi nello spettatore volti e caratteri di forte impatto; complice di questi buoni risultati è certamente anche la scelta degli interpreti, che raramente il regista marchigiano sbaglia. Anche qui - come nel precedente Luce dei miei occhi - non c'è assolutamente nulla da appuntare alla coppia Lo Cascio/Ceccarelli; arriverà un Nastro d'argento, quello per il sonoro in presa diretta. 6,5/10.
Stefano e Laura: lui attore affermato e lei esordiente, si conoscono (e si amano) sul set di un film in costume. Ma, come nella finzione, anche nella realtà il rapporto si incrina.
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