Regia di Susanna Tamaro vedi scheda film
Susanna Tamaro tenta la via del cinema inscenando un dramma alto borghese con lutti , elaborazione dei medesimi ad opera di provvidenziali parroci ispiratissimi e religioni del Libro (ebraismo, cristianesimo e islamismo sufi puntellano, rispettivamente, l' inizio, il cuore narrativo della pellicola e il messaggio finale).Gli esiti sono discutibili: non tanto e non solo per la resa in immagini del racconto da cui la stessa autrice ha tratto il film (eccessiva ridondanza di elementi naturali, spiritualismo impregnato di elogio dell' umana sofferenza, incongruenze assortite)ma proprio per la determinazione ricattatoria con cui si tende ad imporre un messaggio veterotestamentario, in cui il dolore pare costituire l' unica o la preferibile modalità per conoscere l' essenza più pura dell' esistenza e recidere i legami con la gretta materialità e gli attaccamenti mondani che produce.
Detto ciò, va comunque riconosciuta al film una paradossale coerenza nel porre ogni dato visibile e, ripetiamo, in primis la magnifica natura montana, al servizio misterioso eppur palpitante di una forza ordinatrice che osserva e interviene nell' animo di donne ed uomini angosciati e in lotta con se stessi.
Forse questo film, la sua visione, possono rappresentare la miglior occasione, essendo in effetti summa della "poetica" di Tamaro, per farsi attori , e non solo spettatori, della sfida che, comunque, il film non manca di proporci. Si tratta, cioè, di mettere a confronto, laici o credenti che si sia, la propria idea di Vangelo e liberazione in Cristo con la durezza e la quasi calvinista asprezza del cammino che l' autrice esprime e ribadisce, tra un apogeo di colori e il silenzio del mondano.
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