Regia di Valia Santella vedi scheda film
La madre è una cantante di musica leggera, appena operata alle corde vocali. La figlia una logopedista: aiuta le vittime traumatizzate a riprendere l’uso della parola. Fin dall’inizio, l’esordio nel lungometraggio di Valia Santella si mescola con le metafore e la psicanalisi, puntando tutto sul rapporto assai conflittuale tra due donne che non riescono né possono comunicare come, segretamente, auspicherebbero. Ci vuole un’altra generazione per tentare di riprendere i contatti, e quindi ecco la nipotina, la piccola figlia, che dal basso della sua inconsapevolezza aiuta e azzera le distanze. Film di donne con donne e gli uomini da una parte, amanti e mariti rassegnati, esclusi dal futuro. Prodotto dalla Sacher di Moretti (che appare in un cameo alla Hitchcock) e Barbagallo, è un debutto che parte piano e comincia a decollare soltanto nel prefinale: come se l’autrice avesse avuto bisogno di una buona ora per scrollarsi di dosso le proprie timidezze. Ma è un film che cresce dopo, che emoziona a casa. Stefania Sandrelli costruisce uno dei suoi personaggi migliori e Teresa Saponangelo la insegue tra dolcezze e rigidità. Il titolo è “rubato” a una bella canzone di Sergio Endrigo («Te lo leggo negli occhi, stai soffrendo per me…»), già fonte di un omonimo film del 1965 diretto da Camillo Mastrocinque, con l’allora idolo delle teenager Dino che intonava il brano recentemente rilanciato da Franco Battiato in Fleurs (1999).
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