Regia di Rainer Werner Fassbinder vedi scheda film
Da cosa si capisce l'autorevolezza di un Autore? (scusate il gioco di parole). Da alcune cose...ad esempio, i veri Autori, quelli dalla personalità inconfondibile, sono capaci di fare un film con una trama prevedibilissima, riuscendo tuttavia a mantenere desta l'attenzione dello spettatore, che anzi finisce per appassionarsi ed esaltarsi a mano a mano che il film procede...E' il caso del "Diritto Del Più Forte", film fassbinderiano d.o.c. Sin dalle prime battute, si intuiscono chiaramente gli sviluppi della vicenda: una tipica, programmatica storia di sopraffazione e sfruttamento di ricchezze, tanto erotiche quanto economiche, da parte di borghesi capitalisti ai danni di un proletario dall'animo buono. Eppure, la maestria, l'inventiva e soprattutto l'onestà espressiva (ossia, quando l'etica e l'estetica sono un tutt'uno) di RWF impediscono al film di cadere nella noia, nel pletorico, nel risaputo. La dicotomia fra la materialità del corpo e l'ineffabilità del denaro (con l'utilizzo del secondo per mortificare il primo), l'amore come ricatto e strumento di potere, crudeltà e pietas, oscenità e tenerezza si prestano a venire circuite da una messinscena avvolgente, poli-cromatica, lussureggiante: una contesa fra il distacco del teatro e il turbinio del cinema, che costituisce l'anello mancante fra le fiamme soffocate di Doug Sirk e il vitalismo disperato di Almodovar. Che si tratti di petrolieri texani, gay berlinesi o travestiti iberici ha poca importanza: a farne le spese sono sempre le passioni più oltraggiose (le più sincere), vittime impotenti dei tranelli orditi dalla società occidentale, dalle regole di un gioco perverso dove il "diritto del più forte" è, in realtà, il diritto del più ricco.
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