Regia di Carlo Vanzina vedi scheda film
A seguito del buon successo di "Arrivano i gatti" e di "Una vacanza bestiale" i fratelli Vanzina intuirono che i comici sui quali puntare per la decade appena iniziata erano Diego Abatantuono e Jerry Calà e proprio quest'ultimo fece il grande passo staccandosi dal gruppo comico dei Gatti di vicolo miracoli causando un notevole rancore nei suoi confronti da parte soprattutto di Umberto Smaila che assimilò questa sua dipartita proprio come un tradimento.
A conti fatti però Calà ebbe ragione visto che fino ai primi anni novanta la sua carriera attoriale fu molto ricca e remunerativa sotto l'aspetto del successo popolare, un pò meno artistico, seguita poi da un lento declino dovuto al variare delle mode e soprattutto alla sua incauta scelta di diventare un cinematografaro a tutto tondo producendo alcuni dei film più brutti della storia del cinema fra i quali svetta inarrivabile "Chicken park"; Abatantuono dal canto suo sfruttò dapprima l'onda del personaggio del terruncello che in pratica fa il suo debutto in questo film per poi abbandonarlo e intraprendere una longeva carriera attoriale durante la quale dimostrerà di essere un attore eclettico e affidabile anche se a mio avviso un pò monotematico e sopravvalutato.
I Fichissimi è davvero il battesimo del fuoco per questi due comici simbolo degli anni ottanta, magari a volte un pò sopra le righe e non troppo efficaci ma comunque simpatici e sicuramente meno volgari degli standard attuali.
Romeo (Calà) milanese doc e Felice detto toro scatenato di origine pugliese (Abatantuono) sono due giovani rivali a capo delle rispettive bande giovanili, in particolar modo quella di Felice è meglio caratterizzata dalla sceneggiatura visto che è formata dai suoi fratelli che sono un omosessuale, un ladro e un drogato; in giro per Milano vivono la loro esistenza come indiani metropolitani, guerrieri della notte all'italiana e quando le rispettive fazioni si incrociano in strada, nella metro e in discoteca gli scontri corpo a corpo e gli sfottò verbali sono inevitabili, Romeo è anche interista e Felice milanista per cui la rivalità è totale nella grande Milano.
Un pò come fra i Montecchi e i Capuleti si inserisce nella loro lotta il colpo di fulmine reciproco fra Romeo e Giulietta (Simona Mariani) che altro non è se non la sorella di Felice, il quale ovviamente per l'odio acerrimo nei confronti di Romeo non ha intenzione di farla catturare dal suo nemico pubblico numero uno.
Questa West side story meneghina con influenze da Shakespeare e Il Laureato in salsa comica ha sicuramente il merito di essere scorrevole e divertente non tanto per la scrittura e la regia abbastanza scontate ma più per la verve e la voglia di emergere dei suoi due scatenati protagonisti che negli scontri a fuoco a colpi di battute, doppi sensi e rimandi al mondo del cinema, della musica e dello sport ne escono con un bel pari con tanti gol e gli applausi del Meazza.
La mia scena preferita è sicuramente il ballo in maschera al Rolling Stone dove Romeo travestito da Zorro invitato da Giulietta è costretto a infrangere la regola dei sabati alternati e si scontra con la gang di Felice negli abiti dei Tre moschettieri, mette in guardia Felice avvisandolo che ha visto La spada nella roccia 7 volte di fila e questo è solo uno dei tanti rimandi di Calà al mondo del cinema, a volte è anche difficile cogliere il riferimento come quando tenta la rapina al banco dei pegni e si rivolge allo strozzino chiamandolo Rod Steiger proprio perchè l'attore americano fu protagonista in un film di Lumet intitolato appunto L'uomo del banco dei pegni, non gli è da meno la corsa in Ferrari di Romeo con Felice aggrappato allo sportello che sfreccia sui suoi pattini, fulminea ma molto divertente.
Abatantuono dal canto suo risponde a Calà per le rime sciorinando la parlata tipica del suo personaggio feticcio stracolma di strafalcioni voluti, a volte anche totalmente incomprensibili ma che spesso generano la risata spontanea: raggiunge il top quando si rivolge allo spasimante della sorella rivale di Romeo con un lapidario "E tu levate che me fai schifo".
I Fichissimi rimane comunque un cult della commedia all'italiana anni ottanta e va dato merito ai Vanzina di aver srotolato la storia su una Milano ottimamente ripresa di notte e di giorno, in esterni e sotto le gallerie e i sottopassi della metro, fra i quartieri del centro e le case popolari di Rho.
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