Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film
Saraband è l'atto di cinema terminale di Bergman: classico, spietato ed eterno. Un'opera di commiato perfettamente circolare.
Saraband è l'ultimo, terminale, atto di cinema bergmaniano. Nello stesso anno di Uzak e Dogville, il maestro svedese pone la sua firma anche sugli anni 2000, dopo lo stupefacente Bildmakarna (2000) su Sjostrom. Ebbene, ora si può il confronto impossibile, ci si può anche sbizzarrire e porre un termine di paragone (fino a che punto impossibile?) tra un Dancer in the dark e un Bildmakarna, tra un Dogville e un Saraband. Il confronto è impietoso: il maestro Bergman supera l'allievo Von Trier in totale scioltezza. Saraband visto in originale da un effetto che non si dimentica più, unità classica di script e regia, un digitale invisibile che Bergman usa come fosse una tecnologia per lui abituale e un parterre d'attori che danno vita ad un fuelliton infuocato, dove la fiamma invisibile dell'umanesimo viene impaginata nelle stanze cinetelevisive e lasciate deflagrare in totale controllo dal Maestro. Cinema puro, concepito silenziosamente, senza proclami, afflato ed in grado di resistente al tempo.
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