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Sarabanda

Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film

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La recensione su Sarabanda

di Baliverna
8 stelle

Riprese in digitale, ambientazione rigorosamente teatrale, tutto basato sui dialoghi e sulla recitazione degli attori. Sembra quasi una telenovela anni '80, solo di alta qualità. Il maestro svedese ha fatto un po' una scomessa, e secondo me l'ha vinta. Non siamo in presenza di uno dei suoi risultati più alti, però il sottile gioco che Bergman tesse con queste relazioni pericolose tra membri di famiglie ferite o sfasciate è opera di un fine rappresentatore delle persone e dei drammi familiari. Il regista mette a fuoco a poco a poco il carattere dei personaggi e i sentimenti che li legano (o li dividono), e lo fa con profondità e precisione.
A guardare l'insieme, al centro pare ci sia il personaggio del vecchio, che con il suo egoismo di fondo è la causa del male della ex-moglie e del figlio (che ha perpetrato a sua volta il disagio sulla figlia). Incapace di una minima fedeltà a quella che forse era l'unica donna per lui, è passato tra tante avventure ad altri matrimoni, e ha talmente trascurato e disprezzato il figlio che questo è venuto su con gravi scompensi caratteriali. Forse il più grave è l'amore possessivo che ha per la figlia, il quale sconfina decisamente in un sentimento incestuoso. Esso turba e spaventa la ragazza non appena se ne rende conto, ma non lui.
In tutto sono cinque personaggi, che si dibattono tra sofferenze, sbagli del passato, atti mancati, e incomprensione. Il vecchio pare completamente incapace di pentimento e cambiamento, mentre è lecito trarre qualche timida speranza dalla ragazza, che trova la forza di sganciarsi da un ambiente malato che minacciava di danneggiare irreparabilmente anche lei. A margine, troviamo il personaggio di una delle due figlie della donna (e io narrante). Neppure lei se la passa bene, perché è ricoverata in una clinica psichiatrica.
Insomma, in questo sottile gioco psicologico condotto da Bergman si parla quasi solo di ferite e di macerie, in un mondo in cui la pace familiare sembra impossibile. Pure però non si può parlare di cinismo, perché il regista sembra conferire agli irti dialoghi un seppur lieve effetto benefico e chiarificatore, che possa se non altro medicare le ferite e aiutare a capirsi un po' di più. La sofferenza è inoltre sempre mostrata con rispetto e con dolore, mai con indifferenza o con il riso sardonico del cinico.
Un cinema decisamente non per tutti, sicuramente non per chi cerca per forza spettacolo e trama incalzante. A chi piace studiare i personaggi e i rapporti umani, e naturalmente a chi piace il maestro svedese, il film invece piacerà.


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