Regia di Silvio Amadio vedi scheda film
In apertura, subito uno scambio fulminante. "A cosa stai pensando?", chiede il padre, Silvano Tranquilli, alla figlia; lei, Gloria Guida: "Ai casi miei". "Hai una zeta molto dolce", commenta lui. Ecco, se tutto il film fosse rimasto a questi livelli quantomeno si sarebbe potuto ridere un po', seppure alla buona, fra umorismo leggero e doppi sensi volgarotti; purtroppo però la storia - sceneggiatura del regista e di Roberto Natale - ha pretese di assoluta serietà nel voler ritrarre l'ennesima ninfetta (o 'Liceale', come nel film di Tarantini uscito quello stesso anno con protagonista proprio la Guida, che dir si voglia) fatale, capace di sconvolgere la vita, questa volta, non solo a un uomo, il padre, ma anche a una donna, l'amante del padre. Omosessualità piuttosto velata, ma proprio per questo dall'approccio più morboso (vorrei raccontarvelo ma non posso) dell'esplicitamente svelato; una costruzione psicologica risibile e i soliti espedienti narrativi finalizzati alla 'sensazione': l'erotismo, la famiglia fin troppo 'moderna', i turbamenti adolescenziali, la morte nel finale... Che c'è di nuovo o di esaltante? Nulla, appunto, nulla. C'è la Guida neppure ventenne, che qua e là offre il suo meglio (il corpo, manco a chiederselo), c'è un Tranquilli in quel momento in ascesa nel polizi(ott)esco (Milano trema, Roma violenta, etc.) e c'è una Dagmar Lassander poco più che trentenne, anch'ella in un periodo di superlavoro: Wikipedia segnala 5 ruoli nel 1975 e ben 12 l'anno successivo, fra registi come Sordi, Di Leo, Laurenti. Carucce le musiche di Pregadio. 2/10.
Il padre, ancora giovane, ha una nuova fiamma; la figlia, adolescente provocante, la conquista per gelosia e la fa letteralmente impazzire.
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