Regia di William Friedkin vedi scheda film
Nel medesimo anno in cui firmerà anche Quella notte inventarono lo spogliarello, Friedkin cominciò a farsi conscere al grande pubblico con questo Festa di compleanno, tratto dall'omonima piéce (conosciuta e tradotta da noi anche con il titolo Il compleanno) di Harold Pinter.
In una pensione balneare gestita da una coppia di anziani, arrivano due distinti e misteriosi signori, con la scusa di voler trascorrere lì la notte. Ma cosa vogliono e chi sono veramente questi gentiluomini? E perché dimostrano una morbosa attenzione nei confronti dell'unico inquilino, il pianista Stanley dal passato sconosciuto?
Il compleanno è stato il primo testo che abbia mai letto di Pinter. E Friedkin, su sceneggiatura dello stesso drammaturgo, lo rispetta fedelmente, con pochissimi tagli, quasi battuta per battuta (solo il finale è più esplicito che nella play).
Ma non è un banale esercizio di teatro filmato.
Superando immediatamente i limiti imposti dal set, Friedkin adotta una stile nervoso e movimentato, carico di tensione e angoscia, capace persino di notevoli invenzioni visionarie (pensate a come risolva la lunga sequenza del compleanno). In nuce ci sono due temi che saranno portanti nel suo futuro pedigree: l'ambiguità immanente e l'identità astratta (pensate a Cruising). I due sicari non vogliono commettere nessun omicidio "fisico", solo riportare l'anarchico Stanley al suo ruolo prestabilito, nel regno perverso della convenzione. Riposizionare la pedina sulla scacchiera, in un bieco e mefistofelico gioco di ruolo.
Vicino tanto a Beckett quanto a Kafka, il film non è solo un crudele e virtuosista gioco al massacro tra caratteri (traducendo in libertà - quasi traslitterando - dall'inglese "characters"): è forse l'unica possibile relazione clinica di un mondo dove l'assurdo s'è già inverato, la scacchiera è stata predisegnata. Un mondo popolato da personaggi condizionati a vivere in un presente eterno (o - ribaltando l'assunto - in un tempo senza presente) e convinti di vedere ciò che non vedono, ma impossibilitati dai propri occhi a guardare oltre se stessi (ed è un caso che solo Stanley, quello che metaforicamente ha la vista più lunga, sia l'unico ad indossare gli occhiali?). E quindi per Stanley, miope tra cechi, l'unica risposta possibile al "lavaggio del cervello" dei sicari è l'afasia: comunicare tra monadi non è possibile.
Ad oggi quasi invisibile, Festa di compleanno non è certo all'altezza di alcuni capolavori della maturità del grande regista statunitense, ma è un'opera più astratta e complessa di quello che certe letture semplicistiche vogliono far passare. Da recuperare.
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