Regia di William Friedkin vedi scheda film
Dall’incontro fra due virtuosi come Friedkin e Pinter è scaturito un film interessante ma non del tutto convincente, forse perché proprio lo stimato autore della play da cui il film è tratto non fu mai troppo convinto del copione che ne era stato ricavato ed al tempo esitò parecchio prima di concedere il via libera alla realizzazione che invece fu fortemente voluta da Friedkin: proprio con questo film si metterà in mostra evidenziando doti notevoli da operatore e soprattutto di direzione degli attori, perfezionate in seguito in altri suoi film più famosi.
“The birthday party” è tutto giocato sulla suspance velata che lega il misterioso protagonista Robert Show ed i suoi fantomatici persecutori Sydney Tafler e Patrick McGee; appena giunti nella pensione dove egli risiede nascosto da un pericoloso passato, innescano un gioco al massacro attraverso un interrogatorio composto da una fitta rete di trabocchetti verbali, insinuazioni ed aggressivi attacchi perpetrati ai suoi danni per far venire a galla un palese coinvolgimento nella faccenda che ha portato i due loschi figuri a rintracciarlo ma questa connessione non emerge chiaramente perché l’intento della storia sembra più quello di creare una situazione inquietante senza un preposto motivo apparente in un luogo chiuso, il piccolo albergo a conduzione famigliare situato in una anonima località balneare britannica dove l'intera vicenda si svolge.
Il film riesce nell’intento di angosciare lo spettatore che può scegliere da che parte stare, visto che anche in apparenza il personaggio del perseguitato può sembrare quello per cui parteggiare ma non ci sono neanche qui indicazioni sul fatto che egli sia esente da colpe e i suoi aguzzini, per quanto spregevoli, non abbiano motivo fondato per credere che sia veramente l’autore del misfatto imprecisato che li ha portati sulle sue tracce, a lungo andare purtroppo questa insolita guerra di nervi risulta un po’ noiosa proprio perché non viene svelato niente di preciso sul passato dei tre personaggi coinvolti che però grazie ai loro interpreti in grande forma tengono vivo l’interesse fino al finale che dedica più spazio alle intenzioni che alle motivazioni;
emerge comunque un forte simbolismo che si accorda piacevolmente con l’atmosfera surreale e astratta messa in scena da Friedkin: il rapporto fra Stanley e Meg che ricopre la prima parte ha la valenza di una relazione incestuosa, il regalo che lei gli consegna è un rullante a tracolla che viene percosso da Stanley in maniera disarticolata come un bambino che si sfoga per esser stato colto in fallo, la festa di compleanno che i suoi persecutori gli organizzano ha più il significato ribaltato del termine, quando si dice “gli han fatto la festa”, il buio improvviso che cala nel salotto dove il party si sta svolgendo come nell’esistenza del festeggiato, sono tutti elementi che accentuano l’eccentricità dell’opera e ne sanciscono la singolarità ma forse proprio queste caratteristiche da film anticonvenzionale ne dettarono l’insuccesso e la conseguente scarsa distribuzione.
Molto ingegnosa, ha vivacizzato con numerosi trucchi un film che si svolge in un unico ambiente quasi nella sua interezza.
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