Regia di Tinto Brass vedi scheda film
L’attore teatrale e feticcio in cinque film Antonio Salines lo ha simpaticamente apostrofato l’Hitchcock dell’erotismo italiano. Stiamo parlando di Tinto Brass, pittoresco autore di un cinema di genere ormai scomparso e annientato dalla rete. Il suo cinema, oggigiorno, suscita tenerezza, curiosità e noia. Dopo il vertice compromissorio tra erotismo e impegno de LA CHIAVE ha inanellato una serie di opere discutibili, non per la moralità e l’offesa al comune senso del pudore, ma per la qualità e la ripetitività di un discorso spesso monotematico. Il culo e la filosofia brassiana.
COSI’ FAN TUTTE (Mozart è un pretesto) è il trionfo del deretano, un inno, un peana ad esso. Fin dalla indimenticabile locandina. Primi piani sulle sontuose terga di Claudia Koll (Colacioni all’anagrafe) che prima di vedere la Madonna era un’attrice dal grande avvenire alle spalle, simpatica e fotogenica. La pellicola ha una trama risibile, da rotocalco e musiche orrende firmate Pino Donaggio. Prima che la noia prenda il sopravvento (l’hardcore del rave party e il finale) alcune scene meritano menzione come il party sulla terrazza romana in onore di una poetessa veneziana dalla prosa scurrile e pornografica che recita discinta davanti ad un uditorio variegato e grottesco: un vescovo, un sosia di Sgarbi che illustra culetti alla rococò. E soprattutto l’Alphonse Donatien interpretato dal grande Franco Branciaroli, il quale col regista veneziano si è sempre divertito a recitare parti folli e sopra le righe. Qui è un antiquario francese che vive a Venezia, cita Apollinaire e pratica seriamente il culto del culo. Brass (ottimo montatore) preferisce affiancare attori di teatro o caratteristi navigati a giovani attrici semi debuttanti da guidare, plasmare e palpare a dovere. Alla prima schiera appartengono il bontempone Renzo Rinaldi (il signor Silvio), Paolo Lanza bravo partner/marito fedele della protagonista amante delle botte di allegria Diana Bruni. Lei, invece, la Kull ride ad ogni piè sospinto. Nella divertente scena del tram appare il feticcio Osiride Pevarello. Il resto sono stereotipi consolidati quali scenografie d’antan ben curate, giochi di specchi reiterati, luci flou, immancabili bidet, coiti e falli finti. Chi si accontenta (non) gode.
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