Regia di Gregor Jordan vedi scheda film
L'unico difetto è l'accademismo formale in cui versano quasi tutti i western dagli anni '90 in su. Perchè questo "Ned Kelly" dopotutto è un western, sebbene ambientato tra le lande e i villaggi deserti dell'Australia fine ottocentesca. I caratteri e i luoghi del genere ci sono tutti, ricontestualizzati, ma ci sono, e i personaggi sono ugualmente legati ad un immaginario fronterizos anche se iconografati alla maniera australiana. Inserito quindi nel ristretto numero di western anglofoni sfornati negli anni '90 e nei 2000, eccezion fatta per alcuni titoli di indubbio valore, il film di George Jordan ne ricalca la grammatica manierista senza soluzioni radicalmente diverse. In cuor suo però, a differenza di altri film del genere, "Ned Kelly" propone una storia ben sceneggiata e le cui svolte narrative portano avanti la storia senza apatirla (come invece succede in "Wyatt Earp" di Kasdan, per esempio). I personaggi sono davvero affascinanti per l'animo ribelle che trasudano, e mentre Orlando Bloom ha guizzi di bravura rari e sparsi qua e là nella sua interpretazione, Heat Ledger, da buon australiano, è una reincarnazione straordinaria del Mito Ned Kelly, che accantona le bellezze del viso pulito per dare corpo ad una leggenda radicatissima nell'immaginario australiano. Questi tratti narrativi, abbinati ad una fotografia davvero estraniante che ci da una sensazione di tragedia annunciata, e insieme a soluzioni visive che saltano dall'onirico all'horror e al folle, come il cammello che passeggia in paese, creano un'atmosfera generale di estaneità che rispecchia appunto il presagio di morte di fotografia e set decoration.
Va evidenziato anche che visionando i frammenti delle prime trasposizioni cinematografiche su Ned Kelly, come "Ned Kelly and His Gang" del 1906, si notano le analogie con la messa in scena del film di Jordan. L'uscita in armatura dal pub della sparatoria finale è molto identica, e persino i tronchi d'albero secchi che troviamo in terra sembrano messi nelle stesse posizioni. Questo è più un gioco all'aderenza con il mito popolare che con la realtà storica, che non è poi troppo diversa, anzi, l'affetto per il bandito Kelly ha sicuramente incitato i suoi cultori ad aderire il più possibile al fatto storico. E' comunque un'operazione carina che sottolinea appunto l'affetto che ancora nei 2000 l'Australia ha per il suo mito fondatore. Infatti a Ned Kelly si fa iniziare la presa di coscienza del popolo australiano fino a quel momento ingabbiato dalla monarchia inglese.
Il mito del bandito e del banditismo attraversa tutto il genere western, ma sarebbe bello ricordare anche velocemente altri luoghi dell'immaginario banditesco che, sparsi in epoche e continenti diversi, hanno saputo creare lo stesso e identico fascino: quello dell'uomo o del ragazzo ribelle che risponde più ad un etica primitiva che a quella drogata dalle istituzioni, e di conseguenza corrotta ed ingiusta. Partendo dal West di Jesse James, Jim Miller, Sam e Belle Starr, e di Billy the Kid, fino ai cangaçeiros del sertao brasiliano come Antonio Silvino, Capitao Lampiao e altri, passando per Bonnie e Clyde, icone della ribellione anni '70 immortalati da Penn e Malick, senza trascurare il banditismo italiano post-unitario (anche quello intellettuale della Scapigliatura) e lo stesso Ned Kelly, un vero archetipo.
Va citato infine il "Ned Kelly, Outlaw" del 1970 con un'apprezzatissimo ed innovativo Mick Jagger alla sua seconda prova d'attore.
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