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Brevi incontri

Regia di Kira Muratova vedi scheda film

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La recensione su Brevi incontri

di ed wood
8 stelle

Non era facile fare film personali nella Russia di Breznev. La censura era spietata e talenti visionari come Tarkovskij e Paradzanov venivano perseguitati, condannati, esiliati. Ci voleva finezza, elusività, understatement per espreimere il proprio dissenso verso il regime. Gli esiti erano spesso eccessivamente criptici e sfocati; il significato delle immagini rimaneva irretito in un complesso sistema di allegorie. Capitava anche alla Muratova, talentuosa cineasta ucraina, di incappare in opere ai limiti dell'inintelligibilità. Ma fortunatamente non è il caso di questo ammirevole "Brevi incontri", sfumata "malincommedia" di sentimenti e caratteri, che per quanto decisi a perseguire una propria autonomia, restano inesorabilmente condizionati dalla rigida società sovietica. C'è la donna emancipata, funzionaria dello Stato, alle prese con le miserie di chi chiede giustamente un alloggio; c'è l'avventuriero romantico ed ironico, conteso fra l'anelito alla stabilità e il perenne desiderio di fuga; c'è la giovane donna alle prese con infatuazioni adolescenziali e occupazioni incerte. Tutti e tre, vittime consapevoli di una politica che prometteva sicurezza e felicità, ma che ha invece lasciato i suoi "beneficiari" in una melanconica precarietà sociale (ed esistenziale). La Muratova governa agilmente uno schema anti-narrativo di chiara matrice resnais-iana (ma quanti registi saranno stati influenzati, direttamente o indirettamente, da "Hiroshima Mon Amour"?!), dove il Tempo è funzione degli umori dei personaggi. La doppia focalizzazione (le due donne, coi loro sogni e ricordi) rende l'impasto ancora più ricco, ma non per questo confuso nè intellettualistico. La mano è lieve, con sprazzi di umile poesia; la mdp accarezza volti e perlustra luoghi con la discreta invasività di chi vorrebbe entrare nelle menti e nei cuori dei personaggi, senza per questo specularne sui dissidi. Lo sguardo è svagato, talora assopito, lontano dal pathos e dal melodramma, sempre però compassionevole e genuino nel fissare il proprio obiettivo sui piccoli grandi drammi della quotidianità.

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